Direi subito che IT di Andres Muschietti è un film bello ma non bellissimo perché oggettivamente ho visto un bel film ma onestamente devo ammettere che a fine proiezione dal cinema non sono uscito con lo stesso entusiasmo con cui sono entrato. Sarà che mi sono creato aspettative elevatissime, aspettavo con ansia l’uscita nelle sale del pagliaccio killer e il suo palloncino rosso, per tutta la settimana ho utilizzato il desiderio di andare al cinema come miglior rimedio per superare ogni inconveniente e rogna che giornalmente la vita ti pone davanti. Sarà che non ho mai letto il romanzo di Stephen King, ma la miniserie di Tommy Lee Wallace del 1990 l’ho visto ben due volte, anzi una e mezzo, perché la prima volta che ho incontrato Pennywise non avevo l’età consigliata dalla censura e per quanto l’idea di vedere un horror fosse suggestiva non era accompagnata dalla consapevolezza di affrontare le proprie paure. Sarà che io al cinema non vado mai impreparato o poco informato e avendo letto le interviste dei protagonisti sapevo che Andres Muschietti e Guillermo del Toro, rispettivamente regista e produttore esecutivo di questo nuovo IT, hanno messo mano al testo sacro del “re” dell’horror e tratto un film che lo stesso King, spesso severo verso le opere tratte dai suoi libri, ha definito: “un lavoro meraviglioso”. Un film quindi che non sacrifichi lo spirito del libro, anzi finalmente ne rende giustizia, un horror movie moderno che esula dalla miniserie del 1990, ricordata solo da una delle scene più cult della storia del cinema e una superlativa interpretazione di Tim Curry.
In sala sono entrato entusiasta e ho prestato attenzione ai dettagli tenendo a mente le ragioni in precedenza esplicate non ho potuto non fare riferimenti alla miniserie di Wallace o dinamiche già viste. Il tema principale della storia di Stephen King è l’affrontare le proprie paure, un tema ben sviluppato in un romanzo di formazione che ha cambiato per sempre l’immaginario collettivo dei clown. Come i ragazzi di Derry, protagonisti di un’avventura soprannaturale, costretti ad affrontare le proprie paure concentrate nella figura iconica di un’entità demoniaca dalle bizzarre sembianze di un pagliaccio, anche io ho affrontato la mia paura principale: quella di rimanere in qualche modo deluso dal nuovo film di IT. Pennywise mi terrorizzò già in passato e ora si è nutrito del mio entusiasmo in un cocktail di aspettative e tanto ghiaccio, ma oggi l’ho affrontato con una diversa consapevolezza e chissà se con questa recensione, manifestando una certa delusione verso il film più acclamato e padrone dei record di incassi al box office, io sia riuscito a sconfiggerlo definitivamente, ma se così non fosse allora mi unisco al club dei perdenti e prometto di tornare fra 27 anni (si intende il 2019, data di uscita del prossimo capitolo cinematografico) nella città di Derry e combattere ancora se mai il malefico clown si dovesse nuovamente manifestare.
La scelta del cast e l'interazione dei giovani protagonisti; gli anni ottanta e i cameo dedicati alle opere di Tim Burton; bravo anche Bill Skarsgard e la sua mimica facciale nella perfetta interpretazione di IT.
se lo consideriamo un film horror moderno lascia un po' a desiderare. Inoltre è impossibile non fare riferimenti alla miniserie culto del '90 anche se strutturata in due capitoli, senza flashback e flashforward non dedica molto spazio alla caratterizzazione dei piccoli protagonisti.
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