Senza divagare e dilungarmi troppo, vorrei parlare dell'opera di Juan Antonio Bayona in modo schietto e diretto come il messaggio e l'insegnamento che il film lascia ai posteri, nel rispetto della sua crudele immediatezza e verità. Sette minuti dopo la mezzanotte è l'adattamento cinematografico dell'omonimo romanzo del 2011 scritto da Patrick Ness, anche sceneggiatore del film, vincitore nel 2012 della Carneige Medal e della Kate Greenaway Medal per il miglior libro per bambini, un racconto di formazione rivolto, quindi, ad un pubblico giovane e non solo, perché la difficile situazione che il protagonista Conor vive ogni giorno in casa o in famiglia non conosce davvero età.
Conor è un ragazzino di tredici anni che è dovuto crescere in fretta a causa della malattia terminale della madre, l'assenza del padre e il pessimo rapporto con la nonna. Conor è coraggioso perché non ha paura dei bulli che ogni giorno lo picchiano a scuola, non ha paura degli incubi che di notte lo tormentano, non ha paura del mostro che sette minuti dopo la mezzanotte si palesa per raccontarli storie in cambio della sua storia, della sua verità. Un mostro protagonista dei suoi disegni, unico svago che rende il ragazzo felice, dalle sembianze di un albero di Tasso umanoide con il quale si instaurerà un particolare legame che aiuterà Conor ad essere meno infelice. Conor è responsabile e sensibile, ma è alle presa con una cruda realtà che lo mette con le spalle al muro, conosce la dolorosa e inevitabile sorte della madre, una verità che la sua mente rifiuta a favore di confortanti bugie, un peso che non potrà sopportare per molto tempo e dal quale potrà essere liberato solo ammettendo la verità ed elaborando il dolore.
Sette minuti dopo la mezzanotte è un film fantastico-drammatico dalle lacrime facili. Inevitabilmente nel finale, quando la trama converge verso il profondo significato dei racconti del Tasso, quando paure e rabbia si trasformano in dolore, il film mi ha totalmente coinvolto emotivamente nonostante abbia cercato di mantenere per tutta la durata di visione un certo distacco emotivo alimentato anche dalla quasi scontata narrazione della prima metà e dal contrasto sonoro in sede di doppiaggio, forse unica nota negativa, tra la profonda e inconfondibile voce italiana di Liam Neeson (il mostro) e la fastidiosa, almeno per me in questa pellicola, voce italiano di Lewis MacDougall (Conor). Sette minuti dopo la mezzanotte è sicuramente un film dalle lacrime facili perciò sconsigliato per chi vive ogni giorno condizioni simili a Conor o per chi recentemente ha subito un lutto in famiglia poiché risulterebbe difficile restare insensibili alle drammatiche immagini o di cattivo gusto rivivere spiacevoli momenti.
Oltre alla voce di Liam Neeson ho apprezzato anche la prestazione interpretativa di Sigourney Weaver nei panni della nonna apparentemente dura e insensibile, Felicity Jones nei panni della mamma di Conor, ma soprattutto il racconto e il suo forte impatto emotivo capace di lasciarti in lacrime durante i titoli di coda. Sette minuti dopo la mezzanotte fa riflettere, si apre in un ampio ventaglio di possibili interpretazioni, pensieri e domande alle quali, in tutta sincerità, non riesco ancora a dare una risposta. La morte è inevitabile per chiunque e se la vita avrà fatto il suo lungo e giusto corso esaurendosi il più tardi possibile tutti noi primo o poi dovremo affrontare la perdita di una persona cara, ma per quanto ci si senta pronti ad affrontarla ad ogni latitudine anagrafica farà sempre e comunque male. Ma come reagire dopo aver appreso la sgradevole notizia, ovvero che una persona cara sia gravemente malata? E' giusto accettare la dolorosa verità, citando il mostro la fede è metà della cura, ma soprattuto paradossalmente la persona cara bisognerebbe stringerla più forte a sé per poterla liberare, oppure è meglio ingannare la propria mente con confortevoli bugie? Convincersi che è possibile evitare l'inevitabile? Caro lettore le domande e le riflessioni che il film lasciano sono legittime, ma le risposte potranno essere date solo in quel fatidico momento, insomma chi vivrà vedrà.
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