
Chiudi gli occhi non è semplicemente il titoli dell'ultimo film diretto dal regista tedesco Marc Forster, ma un vero e proprio consiglio rivolto allo spettatore. "Chiudi gli occhi" potrebbe imporre una madre, ponendo la mano sul volto di uno spettatore di età ancora un po' acerba, a causa delle numerose scene ad alto contenuto erotico; "chiudi gli occhi" potrebbe ripetersi in mente uno spettatore di età un po' più matura e sfruttare la complicità del buio in sala per sonnecchiare per 110 minuti indisturbato; ad occhi chiusi qualcuno potrebbe acquistare il biglietto direttamente alle casse del cinema perché magari poco informato o magari troppo mal informato su di un film che viene proposto, ad esempio dal trailer, come un film completamente diverso dal film che poi effettivamente viene proiettato, ovvero per essere più chiari: viene presentato come un film di genere thriller e drammatico, ma se da un lato il dramma è solo per lo spettatore, da l'altro per definizione per film thriller si intende un genere cinematografico caratterizzato dalla presenza di ritmi veloci, suspense e colpi di scena, elementi che personalmente non ho per nulla notato o almeno compreso. Il ritmo lentissimo mi ha permesso di pensare e fantasticare durante la visione soprattutto della seconda parte del film quando raggiunto finalmente il climax la storia avrebbe dovuto prendere una piega inaspettata, ho iniziato a sospettare su entrambi i protagonisti, sull'istruttore di piscina, sulla sorella della protagonista, persino sul mio vicino di posto e sull'addetto che all'ingresso della sala strappa i biglietti, ho iniziato a sospettare di chiunque e invano, qualcosa doveva pur succedere e invece bruscamente smentito apprendo che le cose vanno banalmente come si vedono, una trama scontata e priva di mordente mi ha permesso almeno di concentrare l'attenzione altrove e apprezzare il lavoro svolto dal punto di vista tecnico, i raffinati cambi di scena e soprattutto le offuscate inquadrature che permettono di coinvolgere lo spettatore che facilmente può immedesimarsi in Gina, la protagonista interpretata da Blake Lively che forse non ve l'ho ancora detto, ma è non vedente dall'infanzia.

Gina e suo marito James (Jason Clarke) vivono a Bangkok, nonostante la disabilità di lei dovuta in seguito ad un incidente automobilistico in cui hanno perso la vita i suoi genitori, conducono una vita assolutamente normale, tranquilla e appagata in una delle città più caotiche del mondo. Gina ha diversi hobby ed è perfettamente padrona dei suoi spazi all'interno della sua abitazione, James è la sua guida, i suoi occhi, un punto di riferimento, lei è innamorata e paziente, lo incoraggia dopo ogni tentativo fallito di concepire un figlio e lo sopporta quando torna a casa tardi ubriaco. In questa prima parte ci pensa una irriconoscibile Blake Lively ha catturare l'attenzione grazie ad una prova interpretativa matura e credibile, la ragazza di Gossip Girl è ormai un lontano ricordo oppure un cattivo presagio perché paillettes e brillantini non tarderanno ad arrivare accompagnate da un buona dose di perdita di credibilità.
Gina si sottopone ad un intervento chirurgico per il trapianto di cornea e il ripristino della vista del suo occhio destro, dopo l'intervento perfettamente riuscito, la vita di Gina inesorabilmente cambia, da questo momento il film si fa interessante, ma tra un ventaglio di possibili scenari che siamo abituati ad attenderci da un film di genere thriller, sembra quasi non succedere nulla di accattivante e il colpo di scena per me resta un'utopia perché magari nel finale ci sarebbe pure e non mi permetto di spifferarvelo ora, ma con molta probabilità forse sono io che non l'ha proprio apprezzato o capito. Gina inizia a vederci chiaro e scopre che la realtà non è come la immaginava, come da ricordi d'infanzia, inizia ad essere insoddisfatta della sua confortevole e sicura abitazione, di suo marito e della vita matrimoniale che con lui conduce nonché della sua attività sessuale; il viaggio che James decide di intraprendere a Barcellona per far rivivere a Gina il viaggio di nozze, riabbracciare sua sorella e l'eccentrico cognato, vedere il luogo in cui sono morti i suoi genitori risulta essere controproducente perché dalla Spagna torneranno entrambi completamente cambiati. Il repentino cambio di carattere di Gina è in assoluto l'incongruenza che più non sopporto, Gina si vede allo specchio per la prima volta dopo tantissimi anni e immediatamente sa già truccarsi, vestirsi in modo sensuale e accattivante senza aver avuto influenze o metri di paragoni in precedenza, all'improvviso cambia anche il colore di capelli e si sa che per una donna il cambiamento di look è sinonimo di un cambiamento di vita importante. Dopo tanti anni Gina riacquista la vista, seppur parziale, ma viene dedicato poco spazio alla ricerca delle vecchie emozioni da rivivere guardando immagini e colori che credeva ormai persi, al contrario si focalizza l'attenzione sulla ricerca di nuove esperienze, soprattutto nuove esperienze sessuali che prima ad occhi chiusi immaginava diversamente. Chiudi gli occhi se lo si considera in tal senso può essere interpretato come una metafora di vita, un messaggio rivolto a tutte le donne o più in generale a chi è insoddisfatto delle proprie relazioni, amicizie, della propria casa, della propria vita, un messaggio che intende smuovere le acque e invitare ad aprire gli occhi, guardare la propria situazione e chiedersi se la realtà in cui si vive è esattamente come la si immaginava.
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