Si spengono le luci in sala, si accende lo schermo, prima scena e subito ho creduto che fosse un film di Paolo Sorrentino, un crescendo musicale, un trionfo orchestrale assolutamente dissociante al contesto visivo, una inquadratura che si allarga e mostra un'operazione chirurgica a cuore aperto, l'organo pulsante protagonista assoluto in questa prima sequenza caratterizzata da immagini forti, la mano del chirurgo che cuce le membra interessate, dettagli che vogliono annunciare che il nuovo film del regista e sceneggiatore greco Yorgos Lanthimos non sarà un classico film dell'orrore, ma l'opera più inquietante che abbia mai visto, una tragedia greca rielaborata in chiave moderna che con disturbante e surreale violenza interpreta a suo modo, senza rinunciare a una vena soprannaturale, il conflitto tra senso di colpa e vendetta.
Cambio di scena, schermo nero e titolo in bianco, il film inizia a ingranare e l'influenza Kubrickiana è fortemente evidente. Lanthimos ha fatto un film alla Stanley Kubrick e l'ha fatto molto bene ispirandosi al suo repertorio in temi e forme, le stesse che il regista newyorkese ha curato e ricercato con ossessività durante tutta la sua carriera. I temi principalmente trattati da Kubrick nelle sue opere sono stati la razionalità e la irrazionalità che per l'individuo comportano pessimismo, violenza, pazzia oppure ambiguità, per la società, invece, aggressività e sopraffazione. Le due principali metafore utilizzate per esprimere queste due componenti dell'uomo, queste due visioni del mondo sono la guerra, metafora principale di aggressività, follia, irrazionalità della società, e il labirinto mentale. Per quanto concerne le forme è facile parlare di espressionismo kubrikiano in relazione alla riproduzione deformata e/o enfatizzata della realtà attraverso un linguaggio che propone l'uso frequente ed ossessivo di forme geometriche, linee rette, inquadrature con angolazioni di ripresa e movimenti dovuti dall'uso della camera mano, steadycam e zoom, montaggio per stacchi, intelligente lentezza descrittiva e riflessiva dei ritmi ed infine colonna sonora musicale caratterizzata da brani classici. Tutte queste peculiarità tecniche sono facilmente visibili e identificabili nel Il sacrificio del cervo sacro, il ritmo costante e scandito dai tempi recitativi impeccabili da parte degli attori protagonisti, Colin Farrell e Nicole Kidman in strepitosa forma come non si vedeva da The Others, si combina perfettamente anche con la visione moderna della tragedia greca Ifigenia in Aulide di Euripide rendendo il film di Yorgos Lanthimos, un regista al limite dell'assurdo, inquietante come pochi per la scena di sesso più assurda della storia del cinema, per l'immorale finale, per la durezza delle insensibili immagini, per l'effettiva assenza di un vero e proprio antagonista perché quando si scontrano senso di colpa e vendetta nessuna delle due parti può considerarsi antagonista, ma se proprio si vuole trovare un capro espiatorio allora Barry Keoghan con la sua faccia da schiaffi e i suoi piccoli occhi profondi è perfetto.
Guerra e labirinti mentali, anche nel Il sacrificio del cervo sacro queste due metafore si ripetono soprattutto se consideriamo contrapposti il personaggio del ragazzo di nome Martin Lang, interpretato dall'irlandese Barry Keoghan una vera e propria rivelazione, e il dott. Steven Murphy, ovvero Colin Farrell alle prese con una prova interpretativa matura. Il primo è in piena guerra personale, ha perso il padre a causa di un intervento chirurgico cardiaco non riuscito proprio per mano del dott. Murphy e chiede vendetta tenendo in pugno il resto della sua famiglia e chiedendone un sacrificio, il secondo è smarrito all'interno di un labirinto mentale fatto di mura solide e spesse create dal senso di colpa. Il sacrificio del cervo sacro è stato presentato in concorso al festival di Cannes dove ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura scritta dallo stesso Lanthimos e Efthymis Filippou, come già detto è una rielaborazione in chiave moderna della tragedia greca Ifigenia in Aulide ambientata appunto nell'accampamento greco in Aulide, sulla costa della Boezia, dove le barche dirette verso Troia sono bloccate a causa di una bonaccia. L'indovino Calcante afferma che solo sacrificando alla dea Artemide una figlia di Agamennone, ovvero Ifigenia, i venti torneranno a soffiare, Ifigenia viene attratta con l'inganno ad Aulide, ma nonostante viene a sapere la verità, l'intento del suo invito, considerando l'importanza della spedizione dei greci decide di offrire la propria vita. Al momento del sacrificio la ragazza scompare ed al suo posto la dea Artemide invia una cerva tra lo stupore e la felicità dei presenti, la ragazza è stata salvata dagli dei e il vento torna a soffiare, gli dei hanno voluto mettere alla prova i greci che hanno risposto positivamente, ma la tragedia scritta da Euripide presentava alcuni segni di incompiutezza, inoltre non fu mai messa in scena dall'autore, l'interpretazione di Yorgos Lanthimos così come la sua messa in scena è magistrale, come gli dei nella tragedia di Euripide nel Il sacrificio del cervo sacro è Martin Lang che mette a dura prova il dott. Steven Murphy, una maledizione si abbatte sulla sua famiglia, sua moglie e i suoi figli inizieranno a perdere la sensibilità delle gambe, poi l'appetito ed infine sanguineranno dagli occhi, prima di giungere alla terza e letale fase Steve Murphy dovrà fare la più inquietante e immorale scelta che un genitore o marito possa fare, ovvero sacrificare un componente della propria famiglia e pareggiare i conti con il dramma che Martin ha già affrontato. Una nube di mistero e un ventaglio di supposizioni accompagnano l'identità di Martin Lang, ma appena lo spettatore apprende la natura del rapporto che il ragazzo tiene con il dott. Murphy il film si fa frenetico e maleficamente ironico, i momenti più drammatici coincidono con quelli più divertenti generando così situazioni grottesche non solo all'interno della pellicola perché il film mette lo spettatore in quella classica situazione imbarazzante nella quale non capisce bene come dovrebbe sentirsi, provare o pensare, emblematico perciò il finale da brividi in cui si oltrepassa la concezione di giustizia e vendetta, il dott. Murphy è di fronte a un dilemma che sembra impossibile da risolvere eppure riesce a risolverlo in un modo che potremmo definire molto personale, immorale, perturbante oppure discutibile, ma comunque in modo che appunto potremmo solo definire e neanche minimamente immaginare; sfiderei chiunque a mettersi nei suoi panni o dirmi cosa farebbe se fosse al suo posto.
Seguite il mio profilo instagram o la nuova pagina Facebook per conoscere altre curiosità.
Commenti
Posta un commento