Alzi la mano chi non ha mai giocato almeno una volta nella vita a Obbligo o Verità, uno dei giochi adolescenziali più famosi al mondo, secondo forse solo al Gioco della bottiglia. Un gioco semplice al quale ci possono giocare grandi o bambini, quasi un'esperienza di vita se la motivazione che spinge a parteciparvi è cercare di capire interessi o curiosità della persona che più piace oppure obbligare i propri amici a fare cose al limite della decenza o al limite della fantasia perché le domande alle quali ognuno dovrà rispondere con assoluta sincerità o gli obblighi ai quali ognuno dovrà sottomettersi possono essere di vario tipo: stupidi, divertenti, a volte anche hot, capaci così di regalare al gioco diverse colorite e colorate sfumature.
Obbligo o verità è il gioco ideale da fare nelle calde serate estive, magari in spiaggia con la giusta compagnia riunita intorno ad un falò e con qualche bottiglia di birra fresca in più conservata con cura nella borsa frigo, di certo non è il passatempo più adatto da fare tra le rovine di una chiesa sperduta da qualche parte in Messico, soprattutto se a proporre il gioco e la location dove svolgerlo è un perfetto sconosciuto incrociato al bancone di un bar di Rosarito, perché così facendo il gioco più banale e innocente del mondo assumerà per Olivia, la sua migliore amica Markie, Lucas, Brad e i fidanzatini Penelope e Tyson, studenti universitari in vacanza in Messico per il cosiddetto Spring break e protagonisti del nuovo film di Jeff Wadlow, una inedita e suggestiva sfumatura horror.
Obbligo o verità ha tutti gli elementi caratteristici di un film della Blumhouse production, la casa di produzione cinematografica fondata nel 2000 dallo statunitense Jason Blum, ovvero è un horror poco horror, un progetto dal basso budget ma con un concept di forte attrattiva per gli appasionati. I film prodotti da Jason Blum, almeno quelli che ho potuto vedere, partono sempre da situazioni di assoluta normalità e quotidianità, sono storie con cui il pubblico si può facilmente immedesimare e per questo senza neanche l'uso della CGI e in un mix tra suspense e commedia, sono storie molto più paurose, come quella di un gruppo di ragazzi che iniziano a giocare ad un banale gioco adolescenziale ma del gioco, ovvero di un demone che da inizio secolo si è impossessato del gioco, ben presto diventano ostaggi obbligati perciò a rispondere con assoluto sincerità a qualsiasi domanda o fare gesti estremi imposti da regole banali e quantomai mortali perché unica penalità è il suicidio forzato in un gioco che in questa variante horror si può liberamente denominare: "Obbligo, verità o morte".
Un selfie scattato prima di iniziare il gioco e la morte che perseguita i giocatori, uno alla volta, nello stesso ordine con cui sono rappresentati in foto, una dinamica già vista al cinema nella lunga serie di morti in Final destination, ma non meno efficace perché in questo caso il pericolo è fisico, materiale, il demone ogni volta che vuole giocare si palesa con una voce oppure con un volto sornione sulla faccia di chiunque e in qualsiasi momento può dire: "Truth or Dare?"
Un particolare che subito mi è saltato all'occhio è la scritta "Obbligo o verità" che appare in diversi momenti del film proprio in italiano, un dettaglio sinonimo di paziente e curato lavoro in post produzione, così il prologo che mostra fin da subito la pericolosità e la crudeltà del gioco, le immagini che seguono, invece, ben architettate e montate sono importanti perché vogliono far capire il linguaggio nonché il registro narrativo che il film ha intenzione di imporre e mantenere fino ai titoli di coda. Raccontare il viaggio in Messico con le immagini e i video girati con un moderno smartphone, le instagram stories per aggiornare in tempo reale i propri followers, utilizzare Facebook per avere informazioni su perfetti sconosciuti e il demone che si palesa sulla faccia del vicino più insospettabile con sembianze da filtro di Snapchat, tutti questi elementi, che io personalmente ho apprezzato, sono rivolti ad una moderna generazione, un nuovo pubblico target al quale regalare un nuovo franchise del sadico, con immagini forti e violente combinate con i mezzi di comunicazione contemporanei e il cosiddetto metodo "Blum" forniscono un nuovo modello horror identificativo, insomma cercano di emulare ciò che ha fatto Final destination per la precedente generazione, ormai cresciuta e satura.
Se dovessi giocare anche io a Obbligo o verità e dovessi decidere di rispondere con sincerità direi che oltre il continuo e snervante tira e molla nel rapporto tra Olivia e la sua migliore amica Markie proprio non riesco ad accettare il come, ovvero come i protagonisti iniziano a giocare al suddetto gioco infernale, ancora mi chiedo: ma perché accettare di seguire un perfetto sconosciuto incrociato per puro caso al bancone di un bar, l'ultimo giorno di vacanza in un paese estero, fino ad una chiesa sperduta e diroccata per poi giocare ad un gioco che con ogni probabilità può assumere conseguenze pericolose se non le più scontate conseguenze erotiche? Appena il gioco ha inizio e il misterioso sconosciuto rivela le brutali conseguenze il film diventa interessante, ma onestamente altrimenti sarebbe davvero morto sul nascere. Se dovessi decidere di rispondere "Obbligo", al contrario, non potrei esimermi dall'acquisto di un biglietto per un ipotetico e futuro sequel del film di Jeff Wadlow perché il finale lascia spazio ad ampie possibilità ma solo, calcolatrice alla mano, i numeri ai botteghini potranno trasformare la possibilità in certezza e magari verrò anche smentito, ma se anche in un prossimo film la sceneggiatura comprenderà il personaggio di Olivia e i luminosi occhi del dolce viso di Lucy Hale allora l'improbabile diventerà per noi opportunità.
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