Prendete una calda serata di agosto e un volantino che casualmente vi capita tra le mani e vi invita ad una serata cinema sotto le stelle, poi aggiungete quel film che tanto ha fatto parlare nella scorsa stagione cinematografica, Chiamami col tuo nome di Luca Guadagnino, discusso e tanto amato ad Hollywood, candidato a ben quattro premi Oscar, tra i quali anche il miglior film e vincitore del premio per la miglior sceneggiatura non originale, adattamento dell'omonimo romanzo di André Aciman. Facciamo per finta che il film voi non lo abbiate ancora visto e che la location dell'evento sia il chiostro della chiesa di San Francesco in Piazza della Libertà nel pieno centro storico di Ostuni, ecco, facciamo che la suggestiva città bianca è la meta turistica delle vostre vacanze estive. Considerate, infine, che il biglietto dello spettacolo costi quasi la metà di quella birra che avreste dovuto bere in un qualsiasi pub in centro, che la compagnia ha il giusto intelletto per affrontare e intavolare una stimolante discussione post visione del film, ma soprattutto che avreste ancora altri cinque giorni di ferie per soggiornare o visitare il centro di Ostuni. Voi al mio posto cosa avreste fatto?
Posso facilmente immaginare la vostra risposta, infatti se sono qui a scrivere su Chiamami col tuo nome è perché alla fine, in compagnia di una coppia di amici, ho colto al volo l'occasione che mi si è presentata e finalmente con colpevole ritardo ho visto il film di Luca Guadagnino. Certo, su quest'opera è stato già detto tutto, ma nella selva oscura di internet manca ancora il mio contributo, la mia interpretazione, la mia recensione perché quando un film è capace di coinvolgermi profondamente allora è mio dovere condividere le mie più umili e personali impressioni.
Prendendo posto al centro del chiostro fondamentalmente sapevo già a cosa stavo andando incontro, ma Chiamami col tuo nome mi ha davvero sorpreso perché non racconta semplicemente una storia d'amore omosessuale, ma è una sincera celebrazione del vero amore, convenzionalmente concepito o non convenzionale che prescinde dal sesso dei due protagonisti della storia romantica, che abbraccia diverse dinamiche e sfumature che spiegherò rischiando pure di fare SPOILER, che in tre principali fasi narrative mi ha coinvolto e incuriosito, scandalizzato e nel finale persino distrutto perché non me lo sarei mai immaginato di immedesimarmi nel protagonista e nella follia della sua passione, nella disperazione esplicitata sul volto del giovane attore Timothée Chalamet e in quelle brevi e intense storie d'amore estive nelle quali tutti inevitabilmente abbiamo almeno una volta nella vita perso la testa.
Guadagnino sviluppa la linea narrativa di Chiamami col tuo nome attraverso la prospettiva di Elio Perlman, un ragazzo diciassettenne ebreo italoamericano, attraverso il suo mondo fatto di pensieri, musica e incertezze soprattutto legate alla sua sessualità, ma d'altronde nulla di anormale per un ragazzo in piena fase adolescenziale. Elio è un ragazzo introspettivo e abbastanza maturo per la sua età, è colto, intelligente, ama leggere libri e si diletta nella scrittura anche quella musicale; trascorre le sue vacanze estive in una villa immersa nelle campagne del cremasco con i suoi genitori, suo padre è un professore di archeologia ed è solito ospitare ogni anno uno studente straniero impegnato nella redazione della sua tesi di dottorato. Lo studente scelto nell'estate del 1983 è Oliver, un ragazzo ventiquattrenne ebreo americano, bello, intelligente, spigliato e spensierato, dalla personalità apparentemente esuberante che fin da subito mette a disagio Elio.
Mi piace suddividere il film in tre fasi narrative distinte poiché corrispondenti a tre fasi emotive distinte per lo spettatore. il film senza preamboli e indugi inizia con l'arrivo presso la tenuta dei Perlman di Oliver, dal punto di vista della fotografia la sequenza in questione è girata in moda da far comprendere quanto precedentemente detto, ovvero Elio è in camera sua e affacciandosi dalla finestra assiste all'arrivo di Oliver, l'inquadratura è dall'alto, dalla prospettiva di Elio, lo spettatore inizia ad essere in un certo senso distaccato e diffidente nei confronti del nuovo ospite. A questa prima fase narrativa corrisponde una fase emotiva di coinvolgimento e curiosità per lo spettatore, Elio inizialmente prova quasi invidia verso Oliver, ma con i passare dei giorni complice anche la personalità dell'americano finisce per calamitare gli sguardi e le attenzioni del diciassettenne che nell'arco di tempo di sei settimane proverà una vera e propria infatuazione. Elio sta attraversando una fase molto delicata della sua esistenza, vive l'adolescenza non molto sicuro sulla sua sessualità, sperimenta nuove forme di autoerotismo che portano poi il ragazzo quasi a pentirsene e vergognarsi, prova per la prima volta, mi sembra di capire, un rapporto sessuale con una persona del sesso opposto, Marzia una ragazza innamorata del giovane protagonista, eppure il pensiero con il passare dei giorni è fisso sempre su Oliver. Questa prima fase narrativa l'ho apprezzata tantissimo perché credo nasconda la chiave di lettura dell'intera opera, Elio è insicuro della sua sessualità complice l'età adolescenziale, l'età della sperimentazione sessuale, l'educazione e la cultura che possiede, al contrario di Oliver che ostenta la sua omosessualità, o meglio agli occhi dello spettatore mostra che prova interesse nei confronti di Elio e assume tutti quei comportamenti tali da indurre il ragazzo tra le sue braccia. Come già detto già prima di prendere posto sapevo che il film dovesse narrare una storia romantica tra due ragazzi e perciò in questa prima fase narrativa la mia curiosità e coinvolgimento è stato massimo soprattutto nell'osservare certe dinamiche e il corteggiamento tra i protagonisti, o meglio il corteggiamento di Oliver. Non so bene come si articoli un corteggiamento tra omosessuali, forse non dovrei neanche pormi la questione perché magari si svolge come un corteggiamento tra eterosessuali, ma di certo quello che Luca Guadagnino sviluppa non è il classico da film romantico, ma mette in scena il potente e semplice realismo: Oliver intuisce un possibile interesse di Elio nei suoi confronti, chiunque lo può intuire da certi sguardi o toni di voce, diventa subito egocentrico e pavoneggia, mette subito in mostra il fisico e lo attrae intellettualmente, poi lo fa ingelosire e si distacca qualche giorno, si comporta come uno stronzo, induce Elio a dichiararsi a far pace con se stesso e la sua sessualità, diventa riluttante dopo un bacio furtivo, ma solo per avere un fatidico chiarimento a mezzanotte, un appuntamento che conduce i due ragazzi ad avere un rapporto fisico per la prima volta ed a pronunciare le parole che danno il nome al film: "Chiamami col tuo nome ed io ti chiamerò con il mio"; chiamarsi con il nome dell'altro amante è eccitante, quasi un nome in codice per celebrare il loro amore: "Chiamami col tuo nome, ovvero chiamami Amore".
La seconda fase narrativa è quella che più scandalizza perché non si è ancora abituati a tollerare certe dinamiche sessuali, credo che in generale non si è ancora abituati a tollerarle nella vita reale, nella realtà quotidiana figuriamoci quindi al cinema, ma Guadagnino le affronta con intelligenza, si fanno allusioni ma resta sempre nella sfera del romanticismo. Di fatto si verifica l'effetto opposto della trilogia cinematografica ispirata dai romanzi della scrittrice inglese E. L. James, quelle cinquanta sfumature di perversione erotica di Mr. Grey che tanto ha stimolato la fantasia delle lettrice quanto la delusione dopo la visione in sala del prodotto audiovisivo, c'è talmente tanta tolleranza verso scene del genere che ormai si è fatto il callo e non impressionano, con Chiamami col tuo nome avviene proprio il contrario, nonostante le sole allusioni sono le immagini ad impressionare più di una fantasia generata dalla lettura del romanzo di Aciman; sinceramente in alcuni momenti ho avuto paura di quello che potessi vedere, ma non fraintendetemi, ho avuto la stessa paura che si prova quando ti rechi al cinema per vedere un horror: più certe scene ti spaventano e più resti per vederne di altre spaventose. Elio e Oliver vivono con serenità ed entusiasmo il loro sentimento e complice il consenso silenzioso della famiglia Perlman trascorrono qualche giorno romantico da soli a Bergamo, ma il soggiorno italiano per Oliver finisce e i due in stazione sono costretti a dirsi addio.
Da qui parte la terza fase narrativa quella in cui personalmente mi sono immedesimato fino a provare prima dispiacere e poi sui titoli di coda vera tristezza perché la folle passione si riduce e si sminuisce ad una breve e intensa storiella d'amore estiva, qualcosa che qualche anno fa ho provato in prima persona e se per Elio si prospettava la storia d'amore della sua vita, per Oliver sembra che sia stata solo una perversione visto che tornato in America si sposa con la sua fidanzata, quindi povero Elio, sedotto e abbandonato, forse ha trovato la sua vera identità sessuale, ma provare compassione per lui non è difficile. Chiamami col tuo nome coinvolge e suscita inevitabilmente interesse, la colonna sonora è coinvolgente, ma soprattutto è il lavoro svolto dai due interpreti principali che rende l'opera un capolavoro, non a caso Timothée Chalamet (Elio) vanta una nomination all'Oscar come miglior attore protagonista e in caso di vittoria sarebbe stato il più giovane di sempre, Armie Hammer (Oliver) ci mette pathos tale da creare attrazione. Dopo la partenza di Oliver lo spettatore quasi dimentica di aver visto una storia romantica omosessuale, a farlo dimenticare ci pensa l'espressività di Chalamet e il sig. Perlman, il padre di Elio, il padre che ogni ragazzo omosessuale dovrebbe meritarsi, che con un discorso impeccabile ed aperto a diverse interpretazioni non solo riesce a consolare il figlio, ma lancia un messaggio d'amore universale adatto a prescindere della convenzionalità a tutti coloro che in giovane età hanno appena concluso una folle e passionale storia d'amore e si vedono il mondo crollarsi addosso.
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