Un po' tutti portiamo nel cuore indelebile il ricordo del giorno in cui abbiamo per la prima volta ingranato la marcia e percorso i primi metri alla guida di un'automobile, la sensazione di libertà, di responsabilità e di fiducia riposta in noi dai nostri genitori che ci hanno lasciano in mano la chiave del mezzo accompagnando il gesto con mille raccomandazioni verbali e l'assicurazione di ricevere uno squillo a destinazione raggiunta. La prima auto ricevuta o acquistata non si scorda mai, lo sa bene Sam Witwicky (Shia LaBeout) che in Transformers del 2007, primo capitolo della saga diretta da Michael Bay, è costretto a scegliere una vecchia Camaro Chevrolet gialla dal salone nel quale improvvisamente tutte le auto iniziano ad esplodono, lo sa bene anche Charlie Watson (Hailee Steinfeld) che in Bumblebee, primo spin-off della saga cinematografica dedicata ai famosi giocattoli Hasbro, per i suoi 18 anni si regala un vecchio Maggiolone Volkswagen di colore giallo. Ma se la prima auto che io ho guidato di straordinario aveva solo la sete, quindi l'esigenza di bere molta benzina, la Camaro di Sam così come il Maggiolone di Charlie ha la particolarità di trasformarsi in Bumblebee, l'autobot con la memoria e la voce danneggiata, il personaggio più carismatico e amato dai sostenitori della saga, una dinamica che più di richiamare atmosfere fantascientifiche, regala alla storia un tocco quasi magico.
Non credo di esagerare parlando di magia perché il film di Travis Knight è capace di restituire magia al personaggio, alle sequenze nelle quali Charlie e Bumblebee fanno il loro primo incontro, provano a comunicare nonostante barriere linguistiche mediante la musica oppure instaurano un profondo legame di amicizia attraverso gag e battute divertenti, toni più leggeri, le canzoni più iconiche degli anni '80 e il sentimentalismo, elementi smarriti nei vari sequel di Transformers.
La scelta di affidare la regia al presidente e amministratore delegato della Laika Entertainment, noto al pubblico per il film in stop motion Kubo e la spada magica, risulta essere una mossa vincente perché ben riuscito è il tentativo di voler rispolverare dai giganteschi autobot alieni l'aspetto intimo e "umano", nonché esaltare il legame che unisce il robot di colore giallo e la sua nuova amica terrestre.
Al netto di una trama che anche in quest'ultimo film ho fatto fatica a comprendere, l'inserimento di un personaggio pressoché inutile come Memo, il vicino di casa di Charlie, poco caratterizzato che finisce per abbassare ulteriormente i toni del film come involontariamente fa anche il personaggio interpretato da John Cena, l'ufficiale dell'esercito Jack Burns che in Bumblebee vede una minaccia per la Terra da fermare a tutti i costi, inutile mi sembra sottolineare la buona prova del nuovo volto di Hollywood, la giovane Hailee Steinfeld, l'idea di affidare il ruolo ad una figura femminile e la qualità degli effetti speciali nelle immancabili e spettacolari scene action, in particolare i primi interminabili dieci minuti sono quasi un film nel film.
Dimenticate quindi i toni, le atmosfere e le mastodontiche esplosioni in stile Michael Bay dei cinque capitoli della saga di Transformers perché Bumblebee è un film per ragazzi. Come detto è uno spin-off della saga cinematografica dei Transformers che non esplora molto le origini dell'autobot di colore giallo, ma mostra paradossalmente il suo lato "umano" e il motivo per il quale chi lo incontra non può fare a meno di volergli bene. La Trama è ambientato verso la fine degli anni '80 e come i film degli anni '80, ad esempio i film di Steven Spielberg (su tutti E.T.), racconti e percorsi di formazione, Bumblebee di Travis Knight ricorda molto, soprattutto al pubblico più giovane, le stesse sensazioni.
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