Ci risiamo, dopo Ghost in the Shell di Rupert Sanders del 2017, ecco che mi ritrovo in sala ad assistere ad un nuovo live action tratto da un manga giapponese. Gun-Mu o Alita - Angelo della battaglia, come s'intitola l'edizione italiana, è un manga scritto e illustrato da Yukito Kishiro nel 1990 che al cinema oggi prende vita ed assume la forma di un sci-fi per famiglie, con giovani protagonisti all'interno di un'ambientazione futuristica dai scenari cyberpunk di forte richiamo dell'immaginario di fine anni '80 ed inizio '90. Merito della regia di Robert Rodriguez, non proprio un novellino in tema di teen e family movie (la saga di Spy Kids lo dimostra), di James Cameron, il papà di Avatar per intenderci, una amicizia lunga quasi trent'anni e una collaborazione artistica sul suddetto progetto lunga diciotto anni, ovvero da quando nel 2000 Rodriguez scopre che Cameron ne ha acquisito i diritti. Il primo un vero fan di James Cameron, inizialmente decide di non leggere il manga per aspettare l'uscita del film, ma poi nel 2015 ad una cerimonia coglie l'occasione per chiedere informazioni sul progetto Alita, un progetto messo in stand-by a causa degli impegni lavorativi di Cameron sui sequel di Avatar. L'audace curiosità non poteva essere meglio premiata poiché tutto il materiale in possesso del recordman di incassi della storia del cinema, ovvero disegni preparatori, una prima stesura della sceneggiatura e seicento pagine di appunti che descrivono ogni scena in dettaglio passano tra le sue sapienti mani. Materiale che secondo il regista texano non aveva bisogno di riscrittura, ovvero la prima stesura della sceneggiatura di Alita doveva essere solo ripulita, cioè tagliata di parti superflue. Robert Rodriguez grazie anche alle sue passate esperienze di montatore e fumettista si dimostra il migliore ad elaborare il materiale di James Cameron strutturando un racconto che mantiene soprattutto tutte le sue parti preferite perché per lui Alita - Angelo della battaglia non è un semplice film d'azione ricco di straordinari effetti speciali, ma un viaggio emotivo per la protagonista. Come gli stessi hanno dichiarato durante le varie interviste post produzione e pre uscita del film, Alita è una storia articolata sulle molteplici personalità della protagonista in momenti diversi durante la sua evoluzione, una storia ambientata in un mondo complesso, ricco di personaggi e costruita su livelli diversi perché da una parte abbiamo la "città discarica", il luogo dove la vita è difficile per chi non sa combattere per la propria sopravvivenza, dall'altra, anzi sull'altra c'è la ricca e ridente metropoli di Salem, posta in alto, irraggiungibile e per questo desiderata, città sospesa tra le nuvole non grazie alla magia, ma all'ingegneria che forse è meglio.
Parole giuste e adeguate che grazie anche ingenti operazioni di marketing, strategie pubblicitarie orientate allo scopo del massimo ritorno finanziario in relazione a quanto speso per la realizzazione di un film di tale portata, rendono l'uscita di Alita - Angelo della battaglia un vero e proprio evento cinematografico al quale è anche affascinante partecipare semplicemente con l'acquisto del biglietto, vedere il film significa poter dire: "Io c'ero!". Le parole di Rodriguez così come quelle di Cameron, a mio modestissimo parere, tradiscono però l'effettiva realtà dei fatti perché sono proprio i punti della pellicola riguardanti il viaggio emotivo della protagonista e lo sviluppo di una storia articolata sulle sue molteplici personalità, quelli in cui si concentrano i maggiori difetti del film, soprattutto considerando lo sproporzionato rapporto tra tempo narrativo e durata effettiva del film. Una mole elevata di informazioni, personaggi ed eventi rendono infatti il cambiamento emotivo e della personalità di Alita troppo repentino, immediato e quasi immotivato.
Ho partecipato spensierato all'evento cinematografico di nome Alita - Angelo della battaglia, ovvero senza aver mai letto il manga e senza schierarmi per nessuno dei due schieramenti, le solite fazioni che si generano quando escono film del genere tra chi è fedele sostenitore dell'opera originale e chi preferisce la versione cinematografica. La mia attenzione si è concentrata sul film, sull'ultimo progetto sci-fi di James Cameron e se da un lato mi permetto di bocciare, come già detto, il viaggio emotivo e personale della protagonista perché a mio parere poco sfaccettato e quindi repentino e immotivato, dall'altro è da promuovere l'impatto grafico e il lavoro fatto con gli effetti speciali specialmente l'utilizzo della nuova tecnologia della motion capture sul volto della giovane attrice cubana Rosa Salazar perché fin dalla diffusione delle prime immagini il suggestivo look di Alita, gli occhi grandi che si avvicinano ai disegni del manga, ma essendo allo stesso tempo lo specchio dell'anima così comunicativi, è salito subito alla ribalta catturando l'attenzione del pubblico qualsiasi esso sia, fedele sostenitore del manga o estimatore cinematografico.
Il lavoro grafico svolto sulla protagonista è oggettivamente di eccelsa qualità, così come quello svolto sui personaggi che interagiscono con o contro la giovane ragazza cyborg, le scene action entusiasmanti e coinvolgenti, ma soprattutto nella creazione partendo da zero di un mondo futuristico post-apocalittico nel ventiseiesimo secolo, apparentemente percepito reale e credibile, grazie al giusto compromesso tra l'utilizzo di ambienti fisici ricostruiti e green screen in studio, Salem e la "città discarica" presentano il giusto equilibrio poiché altrimenti troppa computer grafica e quindi fantascienza non avrebbe funzionato bene.
Tema principale dell'opera originale è anche il cosiddetto transumanesimo, ovvero la digitalizzazione della mente umana per poterla trasferire su un supporto artificiale, magari all'interno di un corpo robotico, quindi rendendola immortale. Una corrente di pensiero legata al progresso scientifico e tecnologico che negli ultimi tempi sta prendendo sempre più piede, ma se sulla sua effettiva realizzazione si potrebbe discutere a lungo, al cinema la suggestiva idea di realizzazione di un film diventa un'interessante occasione soprattutto per maestri come James Cameron. Alita è un cyborg senza memoria che cerca di ricostruire il proprio passato lottando per il proprio futuro, ritrovata dal dott. Ido (Christoph Waltz) nella discarica della metropoli sospesa Salem, ritorna in vita con un nuovo corpo e se inizialmente si riconosce come una macchina da guerra, nata per combattere, durante il corso degli eventi scopre di avere un lato umano, di provare sentimenti complessi come empatia e amore.
Alita - Angelo della battaglia ha un cast importante, variegato, ma allo stesso tempo molto latino perché se lo stesso Yukito Kishiro, il papà di
Alita, aveva pensato di proporre il manga anche per un pubblico non asiatico, ambientando la storia a Kansas City, James Cameron invece ha pensato di ambientarla in Sud America. Identificare Jennifer Connelly, Michelle Rodriguez o Edward Norton è una sfida più o meno difficile, ma di sicuro non passa inosservata Rosa Salazar che regala, grazie anche all'ausilio della motion capture, espressioni umane al cyborg protagonista, il lavoro interpretativo di Christoph Waltz nei panni del cyborg-dottore Ido, un personaggio dalla doppia vita, il giovane Keean Johnson e il lanciatissimo Mahershala Ali nei panni del pragmatico Vector, autore di una prova molto diligente ed interessante soprattutto quando il suo personaggio viene utilizzato come mezzo di comunicazione dal perfido Nova direttamente da Salem, il premio Oscar 2017 con un ottimo lavoro di mimica facciale riesce a trasmettere agli occhi del pubblico una credibile multipla personalità. Personalmente non comprendo bene le motivazioni che spingono un attore così lanciato ed impegnato negli ultimi anni con progetti e pellicole importanti nonché in lizza di importanti premi cinematografici ad accettare ruoli in film di genere, ma Mahershala Ali in Alita mi ha ricordato il Wesley Snipes dei bei tempi della sua carriera. Inoltre altra nota positiva dell'edizione italiana di
Alita è il doppiaggio, così come nel complesso il sonoro, ovvero gli effetti sonori coinvolgenti. A volte un pessimo doppiaggio può distrarre o non coinvolgere lo spettatore, in questo caso sentire voci famigliari come quella del bravissimo Flavio Aquilone o il carismatico Guido Meda rende l'esperienza cinematografica molto più piacevole, peccato solo che l'inconfondibile voce di Guido Meda nel ruolo del commentatore di Motorball (lo sport più seguito nel 2500) venga in qualche modo disturbata dagli effetti sonori e quindi non goduta in pieno.
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