Il demone Anuni Un Rama, alto circa due metri, con la pelle rossa, la barba e i capelli (lunghi e spesso raccolti) neri, due grandi corna (accorciate periodicamente), l'avambraccio destro enorme e fatto di un materiale apparentemente indistruttibile dopo circa dieci anni torna al cinema. Il demone in questione che tutti conosciamo con il nome di
Hellboy o con il soprannome
Red è un eroe atipico, dall'aspetto e dai modi rudi, ma che si è sempre distinto dai supereroi tradizionali sin dalla sua prima apparizione su fumetto nel 1993.
Hellboy è al venticinquesimo posto nella classifica dei cento migliori eroi della storia dei fumetti, ma quali sono le ragioni del suo successo?
Magari sono legate alle sue particolari origini (un diavolo evocato sulla Terra nel 1944 dai Nazisti per cambiare le sorti della guerra. Un ultimo disperato tentativo noto come "Progetto Ragnarok", un progetto fallimentare poiché sottratto dagli alleati ancora cucciolo viene cresciuto da Trevor Bruttenholm come un figlio in una base militare americana nel Nuovo Messico), la scelta di diventare un detective del Bureau of Paranormal Research and Defense (BPRD) organizzazione di ricerca e difesa contro le minacce sovrannaturali, insomma di schierarsi contro le forze del male oppure per via del suo tipico look, il suo iconico impermeabile da investigatore contribuisce infatti, nonostante l'aspetto fisico, a rendere il personaggio quanto più umano possibile e quindi identificabile in qualche modo tanto dal lettore di fumetti quanto dallo spettatore cinematografico.
Ma se le ragioni del successo tra il pubblico sono comprensibili seppur discutibili, al contrario, meno comprensibili sono quelle che spingono verso la realizzazione di un nuovo film sul demone con l'impermiabile da investigatore, soprattutto se consideriamo la distanza temporale che decorre dall'ultimo titolo realizzato nel 2008 e dal nome del suo regista, ovvero Guillermo Del Toro che con
Hellboy nel 2004 ed
Hellboy: The Golden Army nel 2008, aveva iniziato una serie di film a riguardo. Il cinema oggi non propone molte storie originali, le idee sembrano quasi esaurirsi, ma Hellboy aveva ancora qualcosa da raccontare. L'intenzione iniziale era solo quella di adattare per il grande schermo la storia dell'albo
La caccia selvaggia con l'inserimento di riferimenti e citazioni ad altri albi e fumetti di
Hellboy, ma per fare questo si è optato per la realizzazione di un reboot, ovvero non una continuazione della pesante eredità realizzata e lasciata dal regista premio Oscar 2018, ma un nuovo inizio per ricominciare a raccontare la storia di
Hellboy con un nuovo attore nei suoi panni, un nuovo regista e quindi sostanzialmento con una nuova visione e prospettiva nonché il maggior coinvolgimento al progetto di Mike Mignola, il suo creatore, il papà del fumetto.
Nel mondo dei fumetti Mike Mignola è un artista pluripremiato, per il cinema ha disegnato le bozze del Dracula di Francis Ford Coppola, ha lavorato per la Marvel e per la DC e come lui stesso racconta, essendo un appassionato di vecchie leggende e horror, il personaggio di Hellboy è nato un paio di anni prima della sua ufficiale pubblicazione come un semplice disegno fatto per puro divertimento, in seguito ripreso e sviluppato grazie ad un episodio di Batman, nel quale l'eroe di Gotham doveva vedersela contro fantasmi e vampiri, insomma serviva il personaggio adatto per questo tipo di avversari e storie.
Il maggior coinvolgimento di Mike Mignola al reboot di
Hellboy è il più significativo elemento di distinzione rispetto ai due precedenti film realizzati da Del Toro perché
Hellboy (2019) si avvicina molto all'opera originale, ovvero al fumetto. Se la visione di Guillermo Del Toro si può definire fantasy, quella di Neil Marshall si avvicina al genere horror, al sotto-genere splatter perché
Hellboy è un film molto violento, con atmosfere dark e ambientazioni rese oscure dall'uso ponderato di colori e luci, in alcuni particolari momenti prevale persino il bianco e nero eccetto spruzzate di rosso, colore ben messo in evidenza dal mantello della strega Nimue nel prologo o nei flashback, come il sangue versato tanto dai mostri, demoni o giganti sgozzati da Red quanto i poveri umani innocenti che inevitabilmente vengono fatti fuori in piena crisi ed isteria di massa scatenata dall'imminente giungere della fine del mondo.
Hellboy di Neil Marshall non si perde in chiacchiere, nonostante una trama articolata da sviluppare perché oltre al protagonista introduce personaggi non ancora conosciuti sul grande schermo, una storia che coinvolge persino Re Artù, la sua spada Excalibur e il mago Merlino. Il film è capace di coinvolgere lo spettatore sin dalle prime immagini perché capace di catapultarlo nell'azione, affascinarlo con la qualità degli effetti speciali e tenerlo incollato sulla poltrona grazie ad un ritmo calzante mantenuto sempre costante. Ma lungi da me l'intenzione di definirlo un horror perché con il genere, tranne la visione violenta concepita dal regista, ha ben poco in comune, di fondo
Hellboy conserva il carattere da chiacchierone e uno spudorato humor che in alcune scene tende ad abbassare i toni. Il film di Marshall finisce per diventare un ibrido perso in un limbo in cui generi diversi si mescolano, ma svolta dark a parte, senza dubbio tutta l'attenzione viene catturata dall'interpretazione dei due attori principali, ovvero Milla Jovovich nei panni della strega Nimue, intenzionata a eleggere
Hellboy il proprio re e David Harbour in quelli del demone di colore rosso. Harbour è capace di reggere il confronto con l'interpretazione di Ron Perlman nello stesso ruolo nei due film di Del Toro, poiché guardando l'
Hellboy di Perlman e confrontandolo con quello di Harbour, considerando inoltre i progressi fatti in ambito di trucco cinematografico o computer grafica in questi ultimi dieci anni, la reazione nel pubblico è quasi spontanea, oggi come allora si può affermare: "lui è l'unico in grado di interpretare Hellboy".
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