Il live-action Disney Aladdin è semplicemente maestoso. Ma dietro agli effetti speciali dal forte impatto visivo, i fedeli costumi, le straordinarie scenografie, vecchie e nuove canzoni scritte sempre da Alan Menken (per l'occasione insieme ai parolieri di La la land, ovvero Pasek & Paul), i balletti e le coreografie si nasconde il vero motivo del successo, non solo in termini di incassi al primo weekend di box office, del film di Guy Ritchie, ovvero il rispetto.
Era il 1992 quando il pubblico venne conquistato dalle note e dalle parole del brano Il mondo è mio. Non un pubblico composto solo da sostenitori o sostenitrici Disney, piccoli spettatori o pseudo critici cinematografici perché cinque candidature ai Premi Oscar non sono mica uno scherzo, così come l'effettiva vittoria del Premio per la miglior colonna sonora e la miglior canzone (A Whole New World) entrambi consegnati ad Alan Menken. Un pubblico composto da sognatori capaci di creare fin da subito un legame affettivo con la favola Disney nella quale tutto è possibile, anche che una principessa si innamori di uno "straccione", un ladruncolo conosciuto accidentalmente tra la quotidiana frenesia del bazar. Un ragazzo qualunque capace però di cambiare il proprio destino e salvare la città di Agrabah dalla sete di potere che il gran visir Jafar brama alle spalle del sultano.
Se nel 1992 non si potevano desiderare migliori artisti di Ron Clements e John Musker, in casa Walt Disney Animations Studuios, per trasformare in immagini il racconto Aladino e la lampada meravigliosa, contenuto all'interno della raccolta di novelle orientali Le mille e una notte, oggi non sarebbe giusto criticare l'operato del regista Guy Ritchie che realizza una nuova trasposizione cinematografica di Aladdin sotto il profilo della forma, dell'estetica, del genere, ma per fortuna non dal punto di vista del contenuto. Aladdin di Guy Ritchie è sostanzialmente un film musical, perché presenta una struttura narrativa tipica del genere, ma fortemente contaminato dall'influenza stilistica del suo regista che regala apprezzatissime scene d'azione, coreografiche e incredibilmente realistiche già viste ad esempio in King Arthur - il potere della spada o nei due film di Sherlock Holmes interpretato da Robert Downey JR. (titoli precedenti realizzati Guy Ritchie) e allo stesso tempo inaspettate gag che definirei quasi cabarettistiche.
Il live-action di Aladdin ha il grande pregio di essere rispettoso del film originale. Il film di Guy Ritchie rispetta i toni, le atmosfere e la trama del classico Disney, anche se soprattutto nella prima parte si discosta leggermente per esigenze di spettacolarizzazione e caratterizzazione dei personaggi. Forse il primo incontro tra Aladdin e la principessa Jasmine è alquanto forzato ed a personaggi secondari (il sultano tra tutti) viene concesso pochissimo spazio, ma di certo, anche con l'introduzione di nuovi personaggi e senza fornire alla storia una collocazione temporale, il film è reso moderno, fresco e al passo con i tempi poiché, rispetto l'originale, viene maggiormente sottolineato il carattere ribelle di Jasmine, la sua personale rivendicazione d'indipendenza, il diritto all'uguaglianza e al potere, quindi presenta un forte stampo femminista. Il film di Guy Ritchie rispetta il lavoro svolto sul classico Disney, riproduce alcune scene praticamente identiche, rispetta le battute più importanti, rispetta le scene più iconiche conservandone la stessa magia. A proposito di magia e rispetto, quando si parla di film live-action, si parla di attori in carne ed ossa che interpretano personaggi precedentemente sviluppati in altre forme. Se Aladdin è Mena Massoud, noto principalmente nel mondo delle serie tv, Jasmine la bellissima e incantevole Naomi Scott, già vista in Power Rangers nel 2017, il genio della lampada è Will Smith, un artista a 360 gradi che di certo non ha bisogno di presentazioni. Il film vive anche dell'attesa dell'avvenuta di Will Smith, se la prima parte, complice qualche canzone di troppo, può risultare un pochino noiosa, con il risveglio dalla lampada del Genio si cambia decisamente marcia. Will Smith mattatore assoluto, un mix tra Hitch, mentore e professionista serio intento ad aiutare un amico a conquistare una donna di cui è innamorato (anche la scena finale di Aladdin mi ha molto ricordato la scena finale di Hitch, in cui tutti ballano felici e contenti), Willy il principe di Bel-Air, spensierato e giocherellone, nonché un Will Smith di inizio carriera molto Hip Hop nel ballo e nel canto. La curiosità del pubblico, il terrore (dichiarato dallo stesso attore nelle interviste precedenti l'uscita del film) di interpretare un ruolo reso mitico nel film d'animazione perché creato ad immagine e somiglianza di Robin Williams, sono ripagati dalla rispettosa interpretazione di Will Smith, un suo personale omaggio al compianto collega. Il film di Guy Ritchie rispetta il pubblico, abbraccia generazioni e tipologie diverse di spettatori. I bambini che oggi fanno la conoscenza di Aladdin attraverso il cinema e il live-action, gli adulti che ventisette anni fa erano bambini e hanno visto il film in videocassetta. Il film di Guy Ritchie lo può vedere un padre in compagnia della propria figlia perché insegna ad un genitore a non essere troppo geloso, possessivo o protettivo nei confronti di un figlio ormai non più bambino, quindi per responsabilizzarlo. Lo può vedere una coppia di fidanzati perché insegna ad ogni uomo a rispettare la propria donna, infatti ogni donna è una principessa. Lo può vedere anche chi si sente insicuro o insoddisfatto perché suggerisce quanto l'abito non faccia il monaco, in questo caso non fa un principe, bisogna credere in se stessi e nei propri valori morali, uniche vere ricchezze in ognuno di noi.
Non sono un sostenitore dei film in lingua originale, preferisco gustarli in italiano perché non sono capace di seguire un intero film in lingua straniera e mi annoia leggere i sottotitoli, ma in questo caso ho qualche perplessità sul doppiaggio. Forse, come siamo abituati con i film di genere musical, avrei preferito le canzoni in lingua originale per poter apprezzare meglio le performance degli attori protagonisti, Will Smith su tutti e non con due voci distinte per il parlato e il cantato. A proposito di canzoni, le più famose sono ben orchestrate e rese moderne con un pizzico di pop, ma tranne Speechless cantata da Naomi Scott nel finale, le altre inedite scritte ad hoc sono difficili da familiarizzare immediatamente. Unica certezza in un bazar di novità e perplessità è la voce di Gigi Proietti che nel '92 era la voce del Genio e oggi è del Sultano, ma non importa perché sentirla evoca bellissimi ricordi ed emozioni.
Seguitemi su Instagram, Twitter o sulla nuova pagina Facebook per conoscere altre curiosità ed essere sempre aggiornati sui nuovi contenuti di IfilmchevedeDario.
Commenti
Posta un commento