Il parassita, secondo una definizione scientifica, è un essere vivente, animale o vegetale, che vive e perciò si nutre all'interno di un altro essere vivente definito corpo ospitante. Ma parassita, in grammatica, è anche un aggettivo dispregiativo se utilizzato per indicare una persona che ingiustamente vive a spese di altri o sfrutta risorse altrui. Quando il parassita non agisce da solo, ma in modo fraudolento, ovvero ai limiti della legalità o moralità, con l'aiuto della propria famiglia, quando si trasforma in un parassita sociale allora diventa il protagonista del nuovo film del regista sudcoreano
Bong Joon-Ho.
Parasite, fresco vincitore della Palma d'oro al Festival di Cannes 2019, è l'ottavo lungometraggio realizzato dall'emergente Bong Joon-Ho, uno tra i migliori talenti del cinema sudcoreano che in venti anni di carriera, con i suoi lavori, ha raccontato in modo originale l'uomo del terzo millennio e la sua miseria. Marchio di fabbrica della sua filmografia, oltre all'immancabile presenza nel cast dell'istrionico Song Kang-Ho (giusto per fare una proposizione esemplificativa, Song Kang-Ho sta a Bong Joon-Ho come Robert De Niro sta a Martin Scorsese), l'esplorazione delle ineguaglianze e ingiustizie sociali attraverso un linguaggio cinematografico popolare, ammiccando alla cultura cinematografica occidentale, soprattutto francese e italiana (non del tutto casuale la scelta di un noto brano di Gianni Morandi per accompagnare una delle scene più esaltanti in Parasite) e utilizzando ogni volta un genere diverso. Se in Snowpiercer l'ineguaglianza sociale è mostrata su di un piano orizzontale, attraverso un fantasy movie, ambientato in un futuro distopico in cui l'umanità superstite vive a bordo di un treno sul quale è rigida la divisione dei vagoni in caste. Se in Memories of murder è il genere thriller poliziesco, in The Host il monster movie o in Barking dogs never bite semplicemente un racconto per bambini ad ispirare Bong Joon-Ho verso l'esplorazione delle diverse sfumature del disagio suburbano e sociale del popolo sudcoreano, in Parasite la differenza tra classi sociali è posta su di un piano verticale, ovvero presenta la classica struttura gerarchica e piramidale, ma è mostrata dal suo interno, ovvero dall'interno della sua struttura gerarchica attraverso gli occhi dei cosiddetti parassiti sociali. Bong Joon-Ho conduce lo spettatore in una visita guidata tra le vie dello spaccato classista sudcoreano e lo fa promuovendosi arbitro imparziale della lotta di classe che consegue da una serie di circostanze. Protagoniste di Parasite, in una Seul dei giorni nostri, sono due famiglie, i Kim e i Park, divise dallo status economico, completamente opposto, ma che incrociano le loro esistenze quando i primi, ovvero la famiglia di basso ceto che metaforicamente vive in uno scantinato, con l'inganno riescono ad insinuarsi nella lussuosa abitazione dei secondi. Eliminandola in modo fraudolento, la famiglia Kim si sostituisce alla servitù della famiglia Park. Pian piano, dopo aver guadagnato la giusta dose di fiducia da parte di gente così tanto ricca quanto credulona, gentile perché resa tale dalla prosperosa disponibilità di soldi, i parassiti sociali arriveranno a nutrirsi delle stesse sostanze dei ricchi fino a provare sulla propria pelle la minaccia di essere a loro volta parassitati da altri disperati individui.
Apparentemente Parasite si presenta come una divertente e scorretta commedia nera, ma identificare il capolavoro di Bong Joon-Ho risulta alquanto difficile perché tra battute spiazzanti, critiche pungenti e gang inaspettate il film diventa presto un home invasion a tinte horror, capace di tenere lo spettatore sulle spine grazie ad un ritmo crescente ed un finale riflessivo. Chi sono i veri parassiti sociali? Bong Joon-Ho è imparziale nella caratterizzazione dei suoi personaggi, non si schiera dalla parte di nessuno, anzi lascia allo spettatore la libertà di scelta perché percepire chi sono i buoni o cattivi, i protagonisti o gli antagonisti della storia, chi compie le giuste o ingiuste azioni tra i componenti di uno e dell'altro ceto economico diventa solo una questione di punti di vista. La famiglia Park è colpevole di essere ricca e l'escalation sociale della famiglia Kim, che inizia con la tanto surreale quanto tristemente contemporanea ricerca di wi-fi gratuito da scoccare, è spinta dal movente della disperata situazione di assoluta povertà nella quale essa vive, ma agire al limite della legalità o moralità è sempre tema di discussione.
VOTO: 5 STELLE!
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