"La vita è un regalo, dobbiamo rallegrarcene, dobbiamo ballare per mostrare a Dio che siamo grati di essere vivi. Il ballo è per le persone libere"
Chissà quanto avrà ballato Taika Waititi motivato, magari, dalla libertà... creativa che si è concesso durante la stesura della sceneggiatura del suo ultimo film, Jojo Rabbit, ispirato dal romanzo del 2004 Come semi d'autunno di Christine Leunens. Taika Waititi che è regista ed immancabilmente in tutti i film (o quasi) che dirige e anche interprete di ruoli secondari, artista completo e come tale, non ha bisogno di dare spiegazioni o scendere a compromessi interpretativi, lo si ama o lo si odia, senza mezze misure balla, dietro e davanti la macchina da presa. Lui balla perché è libero di farlo e mentre balla è libero di sbagliare passo, libero di andare fuori tempo, libero di adottare uno stile personale per differenziarsi dalla "folla" che riempie la "balera" e omologa ogni passo secondo i canoni dei balli di gruppo, "folla" che possiamo anche chiamare con il sinonimo di "registi contemporanei" e "balera" come "cinema contemporaneo". Taika Waititi in Jojo Rabbit letteralmente balla e lo fa nei panni di Hitler (amico immaginario del piccolo protagonista, con il ruolo di caratterista e spalla comica in situazioni assurde) perché lui è anche libero di azzardare.
Jojo Rabbit è il riflesso del suo regista, il film è libero di ballare, attualmente, in sala e tra i candidati al Premio Oscar come miglior film, dove tra il Joker ballerino sulla già iconica scalinata di Gotham o New York City (fate un po' voi), interpretato da Joaquin Phoenix, i personaggi danzanti interpretati da Margot Robbie e Leonardo DiCaprio in C'era una volta a Hollywood o lo stesso Hitler di Taika Waititi più che il giudizio dell'Academy servirebbero i voti dei giudici di Ballando con le stelle.
Ballare sulle note della colonna sonora non è poi molto difficile, dal brano iniziale dei Beetles al brano finale di David Bowie, la musica così come le convincenti interpretazioni di Scarlett Johansson o Sam Rockwell su tutti colorano un film già abbastanza colorato.
Ma lo stile della danza di Jojo Rabbit mi ricorda qualcosa, l'ispirazione stilistica a Wes Anderson si evince nei movimenti repentini di macchina e nello stesso tempo nella staticità della camera (molte sono le inquadrature a camera fissa), nonché in una certa simmetria nelle inquadrature e nel posizionamento dei personaggi nello spazio filmico. Nonostante questo, però è anche vero che colpi di genio sotto il profilo tecnico non mancano e scusate se faccio spoiler nelle seguenti cinque righe di paragrafo, ma chi ha già visto il film non può che concordare riguardo ad esempio la scena post incidente di Jojo, l'incontro e la successiva percezione che viene trasmessa allo spettatore della ragazza ebrea oppure la scena dei titoli di testo nella quale Hitler viene rappresentato e osannato come super star mondiale al pari dei Beetles, sulle note appunto della versione tedesca di I want to hold your hand (Komm gib mir deine hand), quasi un gioco di parole per riferirsi al saluto nazista.
"Cresci troppo in fretta, un bambino di dieci anni non dovrebbe inneggiare alla guerra e parlare di politica. Dovresti arrampicarti sugli alberi e poi caderci di sotto"
"Tu non sei un nazista, sei un bambino a cui piacciono le svastiche e indossa un'uniforme soltanto per far parte di un gruppo"
Protagonista del film è il piccolo Johannes Betzler detto Jojo Rabbit perché ad una riunione della Gioventù Hitleriana (organizzazione giovanile fondata dal partito nazionalsocialista tedesco allo scopo di indirizzare al pensiero nazista e istruire sulle tecniche di guerra i giovani) si rifiuta di uccidere un coniglio, ignorando la provocazione di un membro più grande. Jojo ha dieci anni e vive solo con la madre Rosie (Scarlett Johansson), non ha molti amici oltre il coetaneo Yorki e il suo già citato amico immaginario frutto del suo cieco fanatismo e smisurata devozione verso il regime nel quale è nato e cresciuto. Jojo non ha ancora la capacità di riconoscere cosa sia davvero giusto o sbagliato, non ha consapevolezza dell'ideologia in cui sta credendo, la sua più grande ambizione è diventare, se non proprio un amico del Führer, almeno la sua guardia più fidata e per diventarlo desidera catturare un ebreo, per i suoi occhi una figura quasi mitologica, disegnata così dagli insegnamenti che ha ricevuto. L'ironia della sorte vuole che in seguito ad un incidente con una granata Jojo rimane sfigurato in volto e ferito ad una gamba, perciò è costretto a compiere piccoli lavori di propaganda e passare molto più tempo a casa, dopo a sua insaputa Rosie ha deciso di nascondere una ragazza ebrea, il suo più grande incubo si muove tra le mura della sua abitazione.
Jojo Rabbit, come il suo regista, è libero di ballare andando fuori tempo seppur mantenendo un ritmo calzante, ovvero se da un lato è la trama a grandi linee ad ispirarsi al romanzo di Leunens, dall'altro non lo sono i toni del racconto. Tra il romanzo e il film emerge una differenza anagrafica del protagonista, Johannes Betzler interpretato benissimo dal piccolo Roman Griffin Davis ha dieci anni invece che diciassette, questo utile espediente sommato alla creazione di personaggi dalla caratterizzazione borderline, dialoghi surreali e la potente satira capace di mettere in scacco una ideologia politica quale il nazismo (tema già stuzzicato anche nel 2014 in Vita da Vampiro), in un determinato contesto e periodo storico, ovvero la Germania del Terzo Reich durante la seconda guerra mondiale, permette la trasformazione di un romanzo a tinte alquanto drammatiche in una geniale e divertente commedia politicamente scorretta.
Affidare il ruolo di protagonista ad un bambino di dieci anni vuol dire anche che il film di Taika Waititi si promuove come obiettore di coscienze. I bambini, soprattutto ad un'età così giovane, sono come spugne capaci di assimilare qualsiasi tipo di insegnamento, ma allo stesso tempo non devono assolutamente perdere il proprio diritto alla spensieratezza. Se "il ballo è per le persone libere", il gioco è per i bambini, da questo punto di vista Jojo Rabbit vive sul parallelismo del film La vita è bella di Roberto Benigni, possiamo definirlo l'altra faccia della medaglia, quasi il lato oscuro del film Premio Oscar 1999. Entrambi i film attraverso gli occhi di due giovanissimi protagonisti forniscono due punti di vista differenti ed opposti dello stesso contesto storico e ambientale, con modi e toni diversi (anche se in Jojo Rabbit non mancano momenti drammatici, di tensione o persino meccaniche di genere horror), ma alla fine poco importa se un padre cerca di trasformare la detenzione in un campo di concentramento nel gioco più figo di sempre, nel quale l'ambito premio finale è un vero carro armato che sventola bandiera a stella e strisce o se l'amico immaginario ti consiglia di bruciare una casa piena di ebrei e dare la colpa a Winston Churchill. Gli orrori e le atrocità che sono state commesse durante la seconda mondiale non sono mica uno scherzo e mai una guerra, come ogni altro tipo di conflitto, potrà essere vista o considerata come un gioco, l'ironia spiazzante di questa disarmante commedia ci aiuta ancora una volta di più a comprenderlo. Anche se viste con gli occhi di Giosuè (La vita è bella) che aspetta nascosto in una piccola cabina di fare "tana libera tutti" o di Jojo che vede i soldati tedeschi come i suoi supereroi di fumetti preferiti (attraverso sequenze girate in slow motion), certe atroci dinamiche non fanno meno pensare, perché una guerra la si può anche combattere e vincere "finché almeno un solo ebreo, nascosto, sia stato salvato".
VOTO: 5 STELLE!
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