Sarebbe dovuto uscire al cinema, ma a causa delle restrizioni legislative imposte per limitare e combattere il diffondersi del contagio da coronavirus, The invisible man di Leigh Whannell, il nuovo film della Blumhouse production, è stato distribuito direttamente in VOD (video on demand) sulle migliori piattaforme streaming.
Ormai abbiamo imparato a riconoscere le peculiarità che contraddistinguono i film prodotti dalla casa di produzione cinematografica fondata nel 2000 da Jason Blum: film a basso costo, ovvero con spese di produzione relativamente basse, ma altamente redditizi poiché puntano tutto sulla forza, l'originalità, l'attualità e l'immediatezza d'impatto delle storie e dei suoi personaggi protagonisti.
The invisble man apparentemente sembra non fare eccezione, magari non rispetta lo standard aziendale che prevede di mostrare ad inizio film scene di vita quotidiana, una situazione di calma che verrà inevitabilmente scossa dagli eventi, poiché le onde del mare in burrasca che si infrangono sulla scogliera, durante i titoli di testa, fanno da cattivo presagio al piano di fuga che la protagonista Cecilia Kass ha elaborato da tempo e finalmente vuole mettere in pratica, ma se possiamo discutere riguardo la forza della storia scritta da Leigh Whannell, dal punto di vista dell'originalità e attualità indiscutibilmente rispetta in pieno gli standard della Blumhouse.
Nel suo terzo lungometraggio Leigh Whannell sembra aver fatto tesoro dell'esperienza fatta al fianco di James Wan, lo si evince nello sfruttamento dello spazio filmico nelle inquadrature e nell'utilizzo delle contro illuminazioni per poter giocare con la suspense dello spettatore, quasi in stile Hitchcockiano se consideriamo però che al contrario del maestro Hitchcock le scene con più tensione sono paradossalmente le più silenziose. Leigh Whannell predilige giocare con lo stato di attesa e tensione che lo spettatore vive nel momento in cui non sa quello che potrà assistere sullo schermo nell'immediato futuro, ovvero in questo caso ingannando le sue attese perché lo spettatore sa benissimo che prima o poi si manifesterà la presenza di un uomo invisibile, ma non sa come e quando questa manifestazione avverrà e soprattutto non sa quale sia la sua vera identità. La sceneggiatura attraverso il susseguirsi di apprezzabili colpi di scena cerca di colmare alcune lacune e forzature narrative, infatti la trama risulta essere a tratti incompleta e in alcuni momenti poco credibile, ad esempio non è sorretta da un solido antefatto perciò è senza un passato e di conseguenza alcuni personaggi non sono completi nella loro caratterizzazione, basti pensare al personaggio di Adrian il fidanzato di Cecilia Kass interpretato da Oliver Jackson-Cohen (anche se una caratterizzazione non esaustiva è scelta voluta e funzionale alla trama), il fratello di Adrian nonché il suo avvocato oppure il poliziotto James, interpretato da Aldis Hodge, un amico di Cecilia che ospita la ragazza in casa sua, ma del quale le poche nozioni fornite lo trasformano da un potenziale personaggio utile e interessante a inutilità assoluta.
La straordinaria interpretazione di un'ispirata Elisabeth Moss, sempre più in linea e coerente con l'immagine che sta disegnando di sé nella sua carriera, nei panni di Cecilia Kass, non basta però per sorreggere sulle proprie spalle il peso e l'onere di poter soddisfare la curiosità, l'attenzione o l'attesa del pubblico verso questo nuovo adattamento moderno dell'omonimo romanzo scritto da Herbert George Wells nel 1881, di fatto reboot del precedente adattamento cinematografico del 1933, tanto fresco quanto di estrema e triste attualità. Cecilia, fin dalle prime immagini, è in fuga da una relazione violenta e oppressiva che la fa sentire (chissà come quante altre donne) in trappola nelle mani di Adrian Griffin, un ricco e innovativo scienziato nel settore ottico. Una notte riesce a scappare dalla lussuosa abitazione nella quale conviveva con Adrian, con l'aiuto di sua sorella Emily trova ospitalità a casa di James, un vecchio amico d'infanzia. Dopo due settimane scopre che Adrian si è suicidato, contemporaneamente inizia ad essere perseguitata da un uomo invisibile. Cecilia denuncia lo stalking che sta subendo, chiede aiuto, non viene creduta e viene isolata, come molto e troppo spesso accade nella vita reale. Un'alta percentuale di femminicidi sono conseguenza di stalking, i casi e le denunce di persecuzioni sono all'ordine del giorno, il fenomeno è in costante aumento eppure come la metafora che
The invisible man suggerisce, a volte lo stalker è un uomo invisibile alle norme o alle autorità, ma la paura di denunciare, di non essere credute, di non essere ascoltate, gli effetti e le conseguenze di tali azioni sono visibili solo agli occhi della vittima.
VOTO: 3 STELLE!
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