Per chi non conoscesse il regista statunitense Judd Apatow, consiglierei di recuperare la visione di
40 anni vergine, Molto incinta, Funny people oppure
Questi sono i 40 per comprendere le peculiarità stilistiche e avere un metro di paragone tra commedie dalla derivazione quasi demenziale, ma che possiamo tranquillamente definire pioniere di un genere cinematografico reso moderno grazie alla forza delle tematiche affrontate, ai dialoghi cinici, alle sceneggiature scritte per l'occasione in collaborazione con importanti figure ed esponenti della comicità americana, nonché protagonisti delle pellicole.
Per chi non lo sapesse, Judd Apatow è anche un produttore cinematografico, fondatore nel 1999 della
Apatow Productions, una casa di produzione che oltre ad aver prodotto i film che compongono la sua filmografia da regista, può vantarsi di aver contribuito, in un certo modo, a dare luce a svariate opere comiche e demenziali, a dare impulso a nuove tendenze cinematografiche e fatto conoscere sul grande schermo mattatori assoluti della comicità statunitense, già noti per le loro partecipazioni o apparizioni al famoso programma televisivo
Saturday Night Live come Seth Rogen, Paul Rudd, Jeson Segal, Jonah Hill, Justin Long e Michael Cera. Il team della
Apatow Productions è inoltre considerato parte integrante del
Frat Pack, ovvero nome non ufficiale, coniato dal quotidiano
USA Today, per identificare un gruppo di attori che spesso hanno lavorato insieme, in titoli comici, in ruoli principali, secondari o in camei. Gli attori che compongono il
Frat Pack sono: Ben Stiller, Jack Black, Will Farrell, Vince Vaughn, Steve Carell e i fratelli Owen e Luke Wilson.
Per chi invece non conoscesse Pete Davidson consiglierei la visione di Il re di Staten Island. Il nuovo film diretto da Judd Apatow e prodotto dalla Apatow Productions segue le "linee guida" della casa di produzione, ovvero le peculiarità stilistiche che hanno caratterizzato la carriera di Apatow in tema di dialoghi alquanto cinici, crudi e spiazzanti, sceneggiatura accattivante, scritta in collaborazione con il protagonista del film, in questo caso lo stesso Pete Davidson, un comico membro dal 2014 del cast del Saturday Night Live.
Il re di Staten Island è quasi un'autobiografia di Pete Davidson, poiché narra vicende della sua vita, sentimentale e lavorativa, della sua infanzia e delle strane dinamiche che regolano il rapporto con i suoi amici, la sua famiglia o con il compagno di sua madre, ma lo fa in modo romanzato, ovvero raffigura come sarebbe stata la sua vita se non fosse diventato un comico. Il film si muove sulla sottile linea di confine tracciata tra finzione e realtà, ma funziona perché è una commedia inaspettata, di forte contaminazione culturale contemporanea, dall'animo sentimentale e dai risvolti drammatici.
Pete Davidson è il re di Staten Island, nato nel suddetto distretto di New York nel 1993, con Scott Carlin, ovvero il personaggio che interpreta nel film di Judd Apatow (Scott come il nome del suo compianto padre, al quale dedica il suo primo film da assoluto protagonista) ha in comune la passione per i tatuaggi, la sindrome di Crohn (una malattia di infiammazione dell'intestino), il lutto per la perdita del padre, vigile del fuoco in servizio durante l'attentato del 11 settembre al World Trade Center, quando aveva sette anni, la conseguente discutibile elaborazione della perdita paterna e l'uso della marijuana come soluzione per dimenticare i problemi, spegnere i pensieri, tra i quali una continua lotta interna con pensieri suicidi (come si evince nel prologo del film), distrarsi dalla realtà, un limbo fatto di frustrazione, rassegnazione e sopportazione. Scott Carlin è Pete Davidson, il film ne risente in tema di scrittura, ma anche in tema di tempi e stili comici. La comicità di Davidson è basata principalmente su episodi di vita vissuta, gli argomenti più trattati riguardano l'uso della marijuana, il sesso o l'esperienze scolastiche, i suoi monologhi sono definiti da lui stesso come "una serie di brutali verità e volgari confessioni", ma se Scott Carlin non avesse avuto le sembianze fisiche e non avesse condiviso, seppur in modo romanzato, la vita di Pete Davidson, se Il re di Staten Island non avesse lo stesso interessante soggetto biografico, sarebbe comunque un valido film poiché nella figura del protagonista, dall'atteggiamento autolesionista e rassegnato alla vita, molti giovani, oggigiorno, si potrebbero facilmente identificare, coloro che senza ottimismo verso quel futuro per il quale a livello d'istruzione o professione non hanno creato le giuste basi per poterlo attendere ed affrontare, cercano di evadere, non pensarci, non responsabilizzarsi, perdendo tempo, un tempo che scorre in fretta e che l'uso della marijuana non può rallentare per sempre, ovvero non può illudere di farlo ancora per molto. La storia di Pete Davidson o di Scott Carlin, raccontata in Il re di Staten Island è una storia di speranza, di rinascita personale e di nuove opportunità che la vita può regalare in qualsiasi momento, ma solo se si è in grado tanto di riconoscere e afferrare quanto di meritare.
VOTO: 4 STELLE!
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