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Gli Oscar che ha visto Dario
Spengo la televisione del salotto e mi sposto in camera da letto. Mi metto comodo sul letto, lo smartphone è sempre a portata di mano, quasi risulta un prolungamento delle falangi della mano destra, il computer sulle ginocchia è caldo, anzi surriscaldato, inizia già a farmi sudare, ma resisterò. Accendo la televisione, poco più piccola rispetto a quella in salotto, ma posizionata più in alto. Premo il tasto numero otto sul telecomando. Schermo nero, di nuovo. Interminabili secondi di attesa e poi un nuovo messaggio di errore, nuovo nella grafica, ma non nel contenuto perché il segnale dell'antenna anche in camera è debole o completamente assente.
Tornato in camera mi riposiziono come in precedenza, ma poggio il computer sulla scrivania, rinuncio a scrivere sul blog in tempo reale (visto il notevole ritardo con il quale sto scrivendo questo articolo sembra quasi che abbia rinunciato a scrivere sul blog definitivamente) perché la soluzione al mio problema di segnale televisivo si chiama: Streaming. Sul sito internet di TV8, infatti, la novantatreesima edizione dei premi Oscar viene trasmessa in streaming e poco importa se a casa mia i premi verranno annunciati con il tradizionale ritardo buffering di almeno 30 secondi, almeno adesso sono finalmente pronto ad assistere allo show.
Nel momento in cui riesco a connettermi è in corso il pre-show, le Stars fanno passerella sul red carpet ed uno dei presentatori si accinge ad intervistare la nostra Laura nazionale. Un'eccitatissima Laura Pausini risponde alle domande con un sorriso smagliante. Indossa un lungo abito Valentino, come lei stessa rivela, ricco di tasche segrete nelle quali nasconde oggetti portafortuna ai quali in una giornata così importante non può proprio rinunciare.
I colpi di scena sono pura utopia, però qualche premio a sorpresa viene assegnato. Non c'è un vero e proprio presentatore, diverse celebrità si alternano sul palco per annunciare i vincitori e consegnare le statuette, come da tradizione per i premi più importanti avviene il cosiddetto passaggio del testimone, la serata potrebbe anche scivolare via rapida e scorrevole, ma a rovinare i piani ci pensano gli innumerevoli spot pubblicitari che spezzettano la scaletta in blocchi, ma soprattutto i "pipponi". A differenza degli altri anni non c'è un limite di tempo tanto per i discorsi di ringraziamento quanto per la presentazione dei candidati nelle diverse categorie. Questa scelta da parte dei produttori e autori della notte degli Oscar, di lasciare la possibilità ai premiati di parlare di sé, oltre alla presenza in teatro di pochi addetti ai lavori, per ricreare un clima intimo e familiare, degenera nella formazione di lunghi, pesanti e noiosi "pipponi" da ascoltare. Eccezione che conferma la regola sono le parole di Thomas Vinterberg, il regista di Druk - Un altro giro, dedica il premio Oscar per il miglior film in lingua straniera alla figlia Ida morta in un incidente a pochi giorni dall'inizio delle riprese del film.
Il discorso del regista danese rappresenta il momento più commovente di quella che sarà ricordata l'edizione più politicamente corretta della storia degli Oscar, anche più commovente del classico momento "in memoriam", per l'occasione sbrigativo e quasi irrispettoso a causa della velocità con la quale i nomi e i volti delle personalità compiante si sono susseguiti e la musica in sottofondo poco adeguata, in estrema contrapposizione del momento epico, topico, divertente della serata, ovvero il twerk di madame Glenn Close anche quest'anno, alla sua ottava nomination in carriera, a secco di statuette. Il curioso caso di Glenn Close, ovvero l'inspiegabile candidatura per la miglior attrice non protagonista tanto al premio Oscar quanto al Razzie Awards per l'interpretazione in Elegia Americana di Ron Howard.
Gli Oscar 2021 presentano inoltre una scaletta completamente stravolta, considerando quelle degli anni precedenti, la serata si apre con i premi Oscar ad Emerald Fennell per la miglior sceneggiatura originale di Una donna promettente, Christopher Hampton e Florian Zeller per la miglior sceneggiatura non originale di The Father, adattamento cinematografico di uno spettacolo teatrale dello stesso Zeller, il miglior film straniero, il miglior attore non protagonista a Daniel Kaluuya in Judas and the black Messiah e la miglior regia a Chloé Zhao per Nomadland. Dopo, nella parte centrale della cerimonia sono stati assegnati i vari premi tecnici, ovvero l'Oscar per il miglior trucco, acconciatura e costumi a Ma Rainey's black botton, miglior sonoro e miglior montaggio a Sound of Metal diretto da Darius Marder, miglior effetti speciali a Tenet di Nolan, miglior scenografia e miglior fotografia a Mank di David Fincher. L'Oscar per la miglior canzone purtroppo non parla italiano e viene vinto da H.E.R. per Fight for you (Judas and the black Messiah), il film Disney Pixar, Soul, si aggiudica la statuetta per la miglior colonna sonora e miglior film d'animazione ed è Yoon Yeo-Jeong la miglior attrice non protagonista in Minari. La vera sorpresa viene riservata nel finale di serata, la scaletta prevede l'assegnazione del premio per il miglior film, al favorito (secondo i pronostici) Nomadland, prima dell'annuncio della coppia formata dalla miglior attrice protagonista, Francis McDormand (Nomadland) e del miglior attore Anthony Hopkins (The Father) al contrario del vincitore annunciato, secondo i pronostici, il compianto Chadwick Boseman. Alla fine niente Oscar in memoria (sarebbe stato il terzo nella storia), ma neanche nessun Oscar a Il processo dei Chicago 7 che fa notizia, soprattutto in una edizione equilibrata, ovvero nella quale i premi sono stati ben equidistribuiti. Spengo il computer e fuori già albeggia, mi rigiro nel letto e chiudo gli occhi sperando di fare poche ma buone ore di sonno, sperando di sognare d'oro, di fare sogni da Oscar.
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