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Ghostbusters Legacy e il compromesso spettrale
Da Ghostbusters a Piccoli Brividi il passo è breve, perché il film di Jason Reitman, figlio di Ivan Reitman regista dei primi due capitoli sugli acchiappafantasmi più famosi della storia del cinema, ricorda tanto la serie di libri di R. L. Stine, in tema di ambientazione horror per ragazzini, quanto i due film ispirati dai suddetti libri e più in generale, per caratteristiche peculiari, il filone di film d'avventura per famiglie di cui I Goonies è inevitabilmente apripista.
Una famiglia si trasferisce in una nuova abitazione, cambiando completamente ambiente e stile di vita. Nello specifico la famiglia Spengler (il cognome potrebbe ricordarvi qualcosa o qualcuno) dalla comoda abitazione di città, in cui però vive precariamente in affitto, si trasferisce in una fattoria ai margini di una piccola realtà rurale, in una casa ereditata da un padre/nonno praticamente assente, soprannominato "Zappaterra" e considerato alquanto "strano" da tutti in paese. Mamma single come l'insegnante di sua figlia (il cinquantenne Paul Rudd da poco incoronato l'uomo più sexy del mondo), coinvolto nelle dinamiche avventurose dei giovani protagonisti, nonché ragazzi con problemi familiari alle spalle e problemi di inserimento da affrontare, ovviamente i primi ad avere "contatto" diretto con i fantasmi (non tutti cattivi), ovviamente senza che nessuno presti loro attenzione o abbia la coscienza di crederci. Le forze dell'ordine, emblema di autorità e molto spesso metafora dell'adulto che sminuisce le fantasie e l'immaginazione infantile, mette i bastoni tra le ruote alla missione "acchiappafantasmi" della piccola Phoebe, interpretata da Mckenna Grace, già al fianco di un Avenger (Chris Evans alias Captain America) nel film Gifted - Il dono del talento nel 2017, ma tranquilli la missione è soltanto rallentata alla fine saranno gli stessi adulti ad essere in pericolo e la giovane protagonista, assistita dal suo compagno di classe che si fa chiamare Podcast, dal fratello maggiore Trevor, ovvero Finn Wolfhard il Mike Wheeler di Stranger Things, e da chi... se non loro, salverà il mondo.
Ghostbusters: Legacy è una festa per gli stereotipi, quei stereotipi narrativi e contestuali dei film d'avventura per famiglie ed è incredibile come per fare subito anni '80, pertanto un richiamo ai primi due capitoli cinematografici sugli acchiappafantasmi, basti inserire un elemento tratto dal mondo di Stranger Things, serie tv Netflix che è stata capace negli ultimi anni di influenzare l'immaginario comune (in questo caso il giovane attore Finn Wolfhard), un semplice ed efficace espediente già utilizzato da Andrés Muschietti per il suo remake di It.
Da Ghostbusters - Acchiappafantasmi, cult della commedia statunitense a Piccoli Brividi, simpatico filmetto per ragazzi il passo è breve, ma questo non necessariamente lo possiamo considerare in modo negativo purché si raggiunga il giusto compromesso. La trama del sequel di Reitman, a mio parere è poco originale, banale, scontata per non dire inutile, ma facendo fede alle sensazioni provate in sala devo ammettere in tutta onestà intellettuale di aver visto il film con un sorriso stampato in volto per centoventi minuti e anche più se considero le due scene presenti dopo i titoli di coda. Inevitabili citazioni, riferimenti al film originale e un sorprendente cameo rendono la pillola da buttar giù meno amara, ma soprattutto trasformano l'inutilità del remake nel giusto pretesto per realizzare quella reunion del cast originale che ultimamente va tanto di moda, una rimpatriata alla quale oltre l'intramontabili Bill Murray, Dan Aykroyd e Ernie Hudson non potrebbe partecipare senza effetti speciali Harold Ramis, purtroppo deceduto nel 2014, ma al quale si rivolgono le due parole bianche che appaiono nel finale sullo sfondo nero: "A Harold".
E' una questione di compromessi e lo dimostra l'eterogeneità del pubblico presente in sala: è bastato guardarmi intorno per improvvisare una rapida indagine demografica, tra i due ragazzi seduti nella file davanti alla mia, entrambi con indosso una t-shirt nera con l'iconico logo dei Ghostbusters stampato sul petto, probabilmente miei coetanei, troppo nerd da conoscere ogni particolare sugli acchiappafantasmi cinematografici e le due file gremite di marmocchi alle mie spalle, riuniti ed assembrati in occasione della festa di compleanno della piccola, se non ho capito male, Sofia, al contrario troppo piccoli per conoscere il team originale dei Ghostbusters, troppo entusiasti per rispettare la silenziosa visione altrui, troppo stanchi dopo aver corso tra le poltrone vuote per spaventarsi alle prime apparizioni sullo schermo dei fantasmi e troppo assuefatti dalle nuove forme di intrattenimento, dal web o dai social network per meravigliarsi e stupirsi ancora, fino alle due signore anziane alla mia destra, palesemente smarrite perché credevano di vedere un film italiano con protagonista Pierfrancesco Favino, mi ha colpito una giovane famiglia seduta alla mia sinistra. Nello scarso interesse mostrato dalla donna in estrema contrapposizione alla massima attenzione e concentrazione del marito, magari anche lui con indosso una t-shirt a tema nascosta sotto la giacca, nonché nella meravigliosa e caratteristica curiosità della piccola figliola, un fiume in piena di domande sui Ghostbusters da riversare verso il padre, si nasconde il giusto compromesso che rende Ghostbusters: Legacy un film tanto guardabile quanto accettabile.
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