Il fatto è noto, non si discute e non serve necessariamente aver letto il romanzo, scritto da Eric Jager nel 2004, "L'ultimo duello. Una storia di scandali, intrighi e un confronto all'ultimo sangue per la verità" edito da Rizzoli, non serve essere uno studioso o un appassionato di storia o aver vissuto in Francia 635 anni fa, tanto da qualificarsi testimone oculare, per capire che The Last Duel ruota principalmente tanto intorno ad un presunto stupro quanto al coraggio di una donna che ha deciso di denunciare la violenza subita, mettendo a rischio persino la propria vita nella Francia del XIV secolo, in realtà, a discapito di quanto si possa facilmente pensare, facendo fede al duello mortale menzionato nel titolo.
Parlare di stupro in un contesto medievale, così come abbiamo imparato a conoscerlo e concepirlo, ovvero un contesto in cui la donna è considerata un oggetto di proprietà, ma soprattutto di soddisfazione sessuale per il proprio marito e non solo, potrebbe risultare alquanto anacronistico, ma l'ennesimo kolossal in costume di Ridley Scott dopo Il Gladiatore, Le Crociate, Robin Hood, Exodus: Dei e Re o il suo primissimo lungometraggio, I Duellanti (giusto per rimanere in tema) è frutto di uno studio incrociato del romanzo di Eric Jager (che ha completamente stregato Matt Damon, tanto da proporlo, già nel Natale del 2018, come soggetto al regista britannico e da proporsi sceneggiatore in coppia con l'amico Ben Affleck quasi venticinque anni dopo il premio Oscar vinto con Will Hunting - Genio Ribelle) e documenti d'epoca in grado di confermare che quello tra Jean de Carrouges e Jacques Le Gris è stato a tutti gli effetti l'ultimo duello legalmente autorizzato in Francia e quindi rendere la vicenda (il presunto stupro e la denuncia da parte di Marguerite de Carrouges), in quanto veramente accaduta, drammaticamente troppo attuale. Una donna, ma ancor prima, una persona a cui è stato fatto un torto, nello specifico una violazione personale, intima e morale, cerca giustizia mettendo a repentaglio persino la propria incolumità, poiché solo l'esito del duello mortale tra suo marito e il suo (presunto) stupratore potrà stabilire se quanto denunciato sia vero o falso, pena condanna a bruciare viva in un rogo pubblico in piazza, si trasforma in una figura verso la quale è impossibile non provare empatia, lo spettatore, infatti, potrebbe sviluppare tanto immedesimazione o compassione quanto assoluta stima e rispetto.
Anacronistico è anche il linguaggio utilizzato dai personaggi protagonisti, un pò meno la volontà di difendere il proprio nome e onore con un duello all'ultimo sangue o affidarsi a Dio per risolvere dispute e controversie complicate e delicate, per non dire impossibili da risolvere per il Re, imparziale giudice supremo, perché in fondo il vincitore della mortale disputa sarà solo colui al quale Dio ha dato la forza di sopravvivere eliminando lo sfidante. Un modo sadico e ludico per il clero (spettatore in prima fila al duello) di rispettare la volontà di Dio.
La storia della vicenda principale è semplice, le implicazioni etiche e morali che ne derivano invece sono complicatissime, poiché se proiettate ai giorni nostri diventano tristemente contemporanee. La messa in scena, invece, è magistrale e la struttura narrativa come in un film di Kurosawa o Tarantino è articolata in capitoli, ovvero in soli tre capitoli, tre diversi punti di vista dei protagonisti coinvolti nella vicenda. Malintesi, fraintendimenti, intrighi e vendette si alternano fino a completare ogni singolo capitolo, sviluppando persino valide sotto trame: tutti e tre i personaggi coinvolti hanno un motivo personale per desiderare vendetta. La storia, ma soprattutto la realtà proposta allo spettatore muta con il mutare del modo in cui vengono viste le cose, dalla soggettiva del personaggio protagonista del singolo capitolo narrativo. Il fatidico duello finale è preparato così bene dal punto di vista narrativo che nel finale quasi non si sa da quale parte schierarsi moralmente, perciò mettersi comodi sulla poltrona e godersi la sfida è l'unica scelta saggia che rimane da prendere.
La violenza esplicitata sul grande schermo, nella filmografia di Ridley Scott non è mai mancata e The Last Duel non è esonerato, tanto nelle scene di combattimento quanto in quella tanto discussa che sottolinea l'invidiabile forma fisica di Adam Driver e la straordinaria prestazione interpretativa di Jodie Comer. La sua Marguerite è un'eroina femminista medievale incredibilmente moderna, una donna pronta a spezzare le catene del sessismo in un contesto che risulta essere medievale solo perché è l'ambientazione creata intorno a suggerirlo, in cui la donna è considerata al pari di un oggetto di proprietà, per la quale neanche un gesto considerato oggi di cavalleria, come per esempio far scendere la dama dalla carrozza o proteggerla dal personale di corte all'interno delle mura del castello era in grado di farle cambiare status e renderla alla pari dell'uomo, essere umano di genere maschile. Nascondere la polvere sotto il tappeto non risolve il problema, anzi lo rinvia finché qualcuno non fa una passata con l'aspirapolvere.
VOTO: 5 STELLE!
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