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Avatar - la via dell'acqua: anche l'occhio vuole la sua parte
Sono poche le certezze nella vita, non in quella di un cinefilo: Una poltrona per due è il cult di Natale da vedere il giorno della vigilia su Italia Uno, bisogna sempre attendere la fine dei titoli di coda di un film Marvel, i classici sono intoccabili e dopo gli anni '90 è terminata l'originalità, c'è sempre un motivo per fare una nuova maratona di Harry Potter e Avatar deve primeggiare nella classifica all-time degli incassi.
Spiegare le ragioni che si celano dietro la grande affluenza di pubblico in sala, per Avatar - la via dell'acqua, però non è facile. Da una piccola e personale indagine che ho condotto all'uscita del cinema, ho potuto apprendere che principalmente vedere Avatar, per chi non è appassionato o assiduo frequentatore, si traduce in semplice moda, ovvero un appuntamento mondano da condividere sui social per poter dire: "io c'ero" e soddisfare quel famoso bisogno di appartenenza, tanto caro allo psicologo Maslow e la sua piramide dei bisogni. Oltre al poter rientrare nella cerchia di coloro che hanno visto il film, quindi non sentirsi tagliati fuori da ipotetiche future conversazioni o discussioni a riguardo, si aggiunge anche lo status quo che il primo capitolo si è guadagnato: il film con il maggior incasso nella storia del cinema. Da qui è possibile identificare ulteriori due categorie di spettatori: i fan, la cui corsa in sala è pura competizione e i semplici appassionati di cinema per i quali è la curiosità il maggior movente.
Avatar, progetto embrionale di lunga durata nella mente di Cameron, non si è guadagnato il suo speciale primato per puro caso: le costose e sofisticate tecnologie utilizzate nel 2009 per gli effetti speciali contribuirono a scrivere una nuova e importante pagina nella storia del cinema, avviando quella che possiamo definire una "rivoluzione visiva", di forte impulso per il cinema 3D e la computer grafica in generale. La curiosità, in questo caso, consiste nel scoprire se La via dell'acqua è all'altezza del suo predecessore, concentrando l'attenzione principalmente su due aspetti: trama, tallone di Achille nel primo film e gli effetti speciali, ovvero verificare se si confermano su standard qualitativi elevati.
Dal punto di vista tecnico, Avatar - la via dell'acqua si conferma visivamente innovativo soprattutto nelle sequenze realizzate dal cast in subacquea, attraverso la motion capture. I na'vi (abitanti del pianeta Pandora) godono di impressionanti e realistiche espressioni facciali, mentre la nuova ambientazione marina è vita che esce fuori dallo schermo. Tra attori e pubblico è quasi una gara di apnea. In tal senso ci pensa il 3D nativo a dar manforte. Non comprendo bene (ovvero non vorrei ridurre ogni motivazione al becero tentativo di fare business) perché nonostante il clamoroso fallimento del 3D, al cinema e in home-video, il nuovo progetto di James Cameron resiste al tempo, presentandosi pensato e realizzato per tale tecnologia esattamente come nel 2009. L'atipica prospettiva 3D che si crea nelle inquadrature fatte di primi piani, ad esempio in tutte le sequenze delle immersioni tra i fondali marini di Pandora, è ben visibile ad occhio nudo, ovvero senza l'utilizzo degli occhiali 3D, volontariamente evitati dal sottoscritto in considerazione della lunga durata del film e il consueto personale scetticismo legato al loro prolungato utilizzo.
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