Caro amico lettore, se mi permetto di fare spoiler in questo articolo è perché nel momento in cui scrivo Avatar - la via dell'acqua è già in proiezione al cinema da due settimane con incassi al box office di oltre 15 milioni di euro, ma soprattutto per onestà intellettuale che mi spinge ad esprimere un giudizio sul film in considerazione principalmente degli aspetti che meno mi sono piaciuti. Perciò, per fare questo, lo spoiler mi sembra inevitabile e se non rientri ancora tra i circa 150.000 spettatori giornalieri che si stanno recando in sala per vedere il nuovo film di James Cameron, allora ti consiglio di proseguire con la lettura solo dopo aver recuperato la visione del sequel già campione d'incassi.
Sono poche le certezze nella vita, non in quella di un cinefilo: Una poltrona per due è il cult di Natale da vedere il giorno della vigilia su Italia Uno, bisogna sempre attendere la fine dei titoli di coda di un film Marvel, i classici sono intoccabili e dopo gli anni '90 è terminata l'originalità, c'è sempre un motivo per fare una nuova maratona di Harry Potter e Avatar deve primeggiare nella classifica all-time degli incassi.
Spiegare le ragioni che si celano dietro la grande affluenza di pubblico in sala, per Avatar - la via dell'acqua, però non è facile. Da una piccola e personale indagine che ho condotto all'uscita del cinema, ho potuto apprendere che principalmente vedere Avatar, per chi non è appassionato o assiduo frequentatore, si traduce in semplice moda, ovvero un appuntamento mondano da condividere sui social per poter dire: "io c'ero" e soddisfare quel famoso bisogno di appartenenza, tanto caro allo psicologo Maslow e la sua piramide dei bisogni. Oltre al poter rientrare nella cerchia di coloro che hanno visto il film, quindi non sentirsi tagliati fuori da ipotetiche future conversazioni o discussioni a riguardo, si aggiunge anche lo status quo che il primo capitolo si è guadagnato: il film con il maggior incasso nella storia del cinema. Da qui è possibile identificare ulteriori due categorie di spettatori: i fan, la cui corsa in sala è pura competizione e i semplici appassionati di cinema per i quali è la curiosità il maggior movente.
Avatar, progetto embrionale di lunga durata nella mente di Cameron, non si è guadagnato il suo speciale primato per puro caso: le costose e sofisticate tecnologie utilizzate nel 2009 per gli effetti speciali contribuirono a scrivere una nuova e importante pagina nella storia del cinema, avviando quella che possiamo definire una "rivoluzione visiva", di forte impulso per il cinema 3D e la computer grafica in generale. La curiosità, in questo caso, consiste nel scoprire se La via dell'acqua è all'altezza del suo predecessore, concentrando l'attenzione principalmente su due aspetti: trama, tallone di Achille nel primo film e gli effetti speciali, ovvero verificare se si confermano su standard qualitativi elevati.
Dal punto di vista tecnico, Avatar - la via dell'acqua si conferma visivamente innovativo soprattutto nelle sequenze realizzate dal cast in subacquea, attraverso la motion capture. I na'vi (abitanti del pianeta Pandora) godono di impressionanti e realistiche espressioni facciali, mentre la nuova ambientazione marina è vita che esce fuori dallo schermo. Tra attori e pubblico è quasi una gara di apnea. In tal senso ci pensa il 3D nativo a dar manforte. Non comprendo bene (ovvero non vorrei ridurre ogni motivazione al becero tentativo di fare business) perché nonostante il clamoroso fallimento del 3D, al cinema e in home-video, il nuovo progetto di James Cameron resiste al tempo, presentandosi pensato e realizzato per tale tecnologia esattamente come nel 2009. L'atipica prospettiva 3D che si crea nelle inquadrature fatte di primi piani, ad esempio in tutte le sequenze delle immersioni tra i fondali marini di Pandora, è ben visibile ad occhio nudo, ovvero senza l'utilizzo degli occhiali 3D, volontariamente evitati dal sottoscritto in considerazione della lunga durata del film e il consueto personale scetticismo legato al loro prolungato utilizzo.
Dal punto di vista organizzativo e produttivo, invece, sorprende l'ambiziosa decisione di realizzare insieme quattro film, alla faccia di Peter Jackson e le sue due trilogie ispirate ai romanzi di Tolkien. Per realizzare Avatar - la via dell'acqua c'è voluto un budget di circa un miliardo di dollari e un decennio di attesa poiché l'uscita prevista nel 2014 è stata rinviata di biennio in biennio fino al 2022. D'altronde per poter iniziare le riprese, tra Manhattan Beach (California) e la Nuova Zelanda, dovevano prima essere completate tutte le sceneggiature dei quattro sequel. Come lo stesso Cameron ammette, l'ambizioso progetto, inizia a prendere la forma di una saga familiare come Il Padrino.
Devo ammettere che il progetto, nel suo complesso, non mi dispiace poiché - quasi studiato con dinamiche e meccanismi da serie tv - prospetta un potenziale immenso. Aver completato quattro sceneggiature e di conseguenza quattro film vuol dire mantenere un senso di continuità, credibilità ed evoluzione narrativa che si riflette anche sui personaggi inevitabilmente sfaccettati e ben caratterizzati, in quella che possiamo coniare e definire "rivoluzione organizzativa".
Il testimone passa ad una nuova generazione di na'vi (indirettamente ad una nuova generazione di spettatori), ovvero i figli biologici di Jack Sully (Sam Worthington) e Neytiri (Zoe Saldana): Neteyam, Lo'ak e Tuk, una giovane na'vi adottata di nome Kiri, concepita (inspiegabilmente) dall'avatar della defunta dottoressa Grace Augustine (Sigourney Weaver) e soprattutto un ragazzo umano di nome Miles Socorro, ma che tutti chiamano Spider, ovvero il figlio del colonnello Miles Quaritch (Stephen Lang) che nonostante la sua morte nel finale del primo film, ritorna nella sua versione avatar in cerca di vendetta. Le dinamiche che si creano e si susseguono non sono molto originali, la trama è ancor più scialba del film precedente, ma il messaggio di sensibilizzazione ambientalista e animalista, contro il rapporto nocivo, ovvero l'impatto negativo dell'uomo sulla natura, al contrario del precedente film, è molto più potente e reso ancor più coinvolgente dal punto di vista emotivo, estetico e visivo. Avatar nel 2009, come ad esempio Dune (versione letterale nel 1965 e prima cinematografica nel 1984), mette in luce gli orrori e il disagio in cui versano i popoli che vivono in quei luoghi sfruttati per l'estrazione di ricche risorse naturali, da parte di individui arroganti, incoscientemente prepotenti e senza rispetto, ammaliati dal Dio denaro. In La via dell'acqua tematica importante è l'unità familiare e quindi in modo trasversale anche il bullismo, ma principalmente si evince l'animo animalista. Sully per proteggere l'incolumità della sua tribù delle foreste Omaticaya, dalla sete di vendetta del colonnello Miles Quaritch, chiede asilo alla tribù della barriera corallina Metkayina, sulle coste orientali, facendoci fare la conoscenza del capo Tonowari (Cliff Curtis), sua moglie Ronal (Kate Winslet) e figli. Tra i mari di Pandora vive un animale molto simile ad un cetaceo terrestre, il giovane Lo'ak fraternizza con un particolare esemplare ferito, al quale gli estrae un arpione dalla pinna. Il legame che si crea è un utile espediente per coinvolgere emotivamente e sensibilizzare lo spettatore contro la pesca intensiva, verso creature protette poiché su Pandora queste enormi creature vengono cacciate e uccise solo per l'estrazione dal palato di una ghianda di piccole dimensioni, ma di elevato valore monetario.
A mio parere Avatar - la via dell'acqua è inutilmente troppo lungo - avrei evitato alcune ripetitive panoramiche di Pandora e soprattutto i venti minuti finali di funerale - ed insopportabile nei momenti in cui la coerenza cede il passo alla spettacolarità, ovvero: quando il colonnello Quaritch, malvagio fino all'unghia del piede, si mostra inspiegabilmente compassionevole (rovinando a mio parere una caratterizzazione fino a quel momento impeccabile), cioè quando bloccato in uno stallo alla messicana cede alla minaccia di "una vita per una vita", liberando la figlia di Sully, sua ostaggio per salvare la vita di suo figlio, ostaggio tra le braccia di una furiosa Neytiri; quando Spider, successivamente salva la vita del colonnello, per ricambiare il favore e assicurare la trama del successivo capitolo cinematografico, una mossa del tutto inspiegabile se consideriamo che il ragazzo ha sempre mostrato un forte risentimento nei suoi confronti; oppure quando la pseudo balena salvata da Lo'ak, debole ed indifesa, improvvisamente nel momento di maggiore difficoltà dei na'vi sulla nave dei bracconieri presa d'assedio dalla squadra del colonnello Quaritch, prende iniziativa ed inizia ad essere spaventosamente ed efficacemente combattiva.
Originalità e creatività sono in esaurimento (aspetto da analizzare e sul quale bisognerebbe riflettere), lo dimostra il fatto che in sala ritornano protagonisti personaggi e mondi di fantasia introdotti tredici anni fa e che nonostante una sceneggiatura completamente originale, nel sequel di Avatar molte sequenze ed aspetti del mondo di Pandora sembrano essere degli espliciti riferimenti o richiami ad altre opere: il modo con cui i na'vi entrano in sintonia e cavalcano le creature volanti mi ricorda in qualche modo Dragon Trainer, avere il controllo dell'avatar di se stesso mi fa pensare a Matrix o Ready Player One, l'invito che la pseudo balena fa a Lo'ak di entrare nelle proprie fauci per assicurare protezione è molto simile in Pinocchio, l'invasione e lo sfruttamento delle risorse naturali valutate dal punto di vista delle popolazioni calpestate ricorda Pocahontas ed infine lo scontro finale tra Sully e il colonnello Quaritch sulla nave (spaziale) che affonda è un'incredibile e famosa auto-citazione di James Cameron.
Avatar - la via dell'acqua come il suo capitolo precedente non è privo di difetti, eppure come il suo capitolo precedente scalerà le classifiche degli incassi perché andare al cinema per vederlo è ormai un punto fermo nella vita di un cinefilo, fan o sporadico frequentatore di sale ed usurpatore di mode, ma soprattutto perché anche l'occhio vuole la sua parte ed un film così visivamente rivoluzionario non si è mai visto.
VOTO: 5 STELLE!
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