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Aftersun: recensione del film d'esordio di Charlotte Wells
Il primo bacio e la prima cotta, la prima sigaretta e la prima sbronza, la prima volta in discoteca e la prima nottata passata sveglio in attesa di vivermi l'alba. Il primo bagno a mezzanotte e la prima volta in cui ho dormito fino a tardo pomeriggio. Le giornate spensierate e le nottate indimenticabili, il primo tuffo da una notevole altezza e il primo fumetto letto sotto l'ombrellone. La prima cosa che mi viene in mente quando penso all'estate è il mare e il caldo, i viaggi e i villaggi turistici, le insopportabili zanzare e i colorati pesci, i mondiali di calcio e la puzza di sudore, le risate e le lacrime, le amicizie già finite sul nascere e i compiti fatti pochi giorni prima di tornare a scuola, le storie da raccontare in modo distorto e i dettagli compromettenti da omettere, ma soprattutto mi vengono in mente le "prime volte", esperienze vissute così intensamente da meritare uno spazio importante nell'album dei ricordi personali. Le stesse importanti esperienze che ha vissuto la piccola Sophie (Francesca Corio), in una vacanza trascorsa con il padre in Turchia, presumibilmente l'ultima in sua compagnia.
Come spesso accade i ricordi sono frammenti confusi di esperienze vissute, Wells nel mettere ordine nella sfera personale di Sophie, attraverso l'obiettivo di una videocamera domestica, tra riflessi di specchi e inquadrature imperfette di video amatoriali, rivive parallelamente in prima persona il suo personale ricordo del padre.
Metacinema dal forte spirito biografico, nel film di Charlotte Wells la forma eccelle sul contenuto e atmosfere vintage fanno da cornice ad inquadrature ponderate ed intelligenti. Il padre di Sophie, interpretato magnificamente da Paul Mescal (candidato all'Oscar 2023 per il miglior attore protagonista proprio per la sua intensa prova in Aftersun), nel corso della vacanza in Turchia viene inquadrato sempre più spesso attraverso il riflesso dello specchio posto all'interno della camera d'albergo o attraverso l'obiettivo della videocamera domestica, espedienti questi che fungono da filtro e allontanano emotivamente il personaggio tanto dalla piccola protagonista quanto dallo spettatore, il quale nei suoi confronti non smette però di provare una forte empatia.
Le ragioni che spingono Calum (Paul Mescal) al mutamento caratteriale, nonché al suo allontanamento emotivo da Sophie ve le lascio intuire durante la visione del film, consigliandovi di ascoltare i silenzi e le parole che non vengono dette perché nei misurati dialoghi tra padre e figlia, in pochissime frasi e battute si nascondono disagi, ovvero richieste di aiuto alle quali una risposta non tempestiva può solo comportare un inesorabile rimorso. A volte certe scottature continuano a bruciare, anche dopo il rientro a casa dalle vacanze e nonostante l'applicazione sulla pelle della crema doposole.
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