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Peter Pan e Wendy: inclusività e pari opportunità di genere sull'Isola che non c'é
In un tempo non molto lontano, quando quasi tutta la popolazione mondiale era chiusa in casa, costretta da una pandemia che avanzava e si diffondeva minacciosamente, qualcuno sollevò una questione più o meno utile e giusta che spinse la Disney ad intraprendere con una certa urgenza una conversione aziendale verso il politicamente corretto: Il bacio con il quale il principe azzurro risveglia Biancaneve dall'incantesimo non è consensuale. Osservazioni simili si diffusero a macchia d'olio, quasi più minacciosamente e rapidamente della pandemia incombente e allo stesso modo anche il bacio del principe in La Bella Addormentata nel Bosco viene considerato, cito testualmente: "un trattamento errato nei confronti di persone". Il doppiaggio di alcuni personaggi, nonché la loro rappresentazione grafica, ad esempio in Dumbo (1941), Gli Aristogatti (1970) o Le avventure di Peter Pan (1953), rimarcano negativi stereotipi tali da evidenziare discriminazioni di genere e/o razziali.
I film considerati "Classici" in casa Disney diventano il seme della discordia e per evitare un'inutile caccia alle streghe, prima della loro visione sulla piattaforma streaming a tema, viene inserito un messaggio di avvertimento non skippabile di 12 secondi circa in cui sostanzialmente viene scaricata la responsabilità di tali rappresentazioni e trattamenti negativi e non educativi di persone e culture ai tempi che corrono, ovvero all'evoluzione e crescita culturale poiché se tali stereotipi e comportamenti non erano visti in cattivo modo in passato, oggi sono sbagliati, ma soprattutto è scelta ponderata non eliminarli dal catalogo perché la loro eliminazione non negherebbe l'esistenza dei pregiudizi sotto esame e il loro impatto dannoso sulla società. Disney, al contrario, suggerisce di trarre insegnamento per stimolare dialogo e creare un futuro più inclusivo.
"Inclusività" diviene ben presto la parola chiave di casa Disney che da quel fatidico punto di non ritorno decide di seguire come mantra esistenziale nelle sue future produzioni. L'impegno di creare storie con temi ispiratori e aspirazionali tali da riflettere la ricca diversità dell'esperienza umana è notevole e trasversale se consideriamo anche l'elevato numero di iniziative ed eventi pubblicitari, nonché strategie di comunicazioni e marketing complementari all'uscita dei successivi film in sala e streaming.
L'impegno di dedicare sempre più spazio narrativo alle minoranze etniche e sociali coinvolge anche Marvel Studios, 20th Century Studios e Lucasfilm, ma tranne qualche caso isolato (come ad esempio Ms. Marvel, serie tv originale Marvel), il tentativo di affrontare il tema dell'inclusività nelle ultime produzioni cinematografiche, specialmente live-action dei classici Disney, a mio parere si è sempre dimostrato fallimentare poiché trattato in modo forzato e semplicemente fuori luogo in molti contesti narrativi e ambientali.
Peter Pan e Wendy, però, ultimo live-action Disney sul personaggio nato dalla penna di J. M. Barrie, forse è proprio la miglior produzione degli ultimi anni che per contesto ambientale e narrativo si presta e si sposa perfettamente, ma soprattutto in modo naturale, con la politica dell'inclusività: Capitan Uncino è a favore delle pari opportunità di genere, infatti la sua ciurma è composta da pirati uomini e donne, tra i bambini sperduti vi è una forte eterogeneità etnica e la presenza di un attore con disabilità (Noah Matthews Matofsky), gli indiani non pronunciano mai l'esclamazione "Augh" e sono interpretati da attori con origini adeguate al ruolo in questione per evitare ogni forma di whitewashing.
Il live-action diretto da David Lowery, alla sua seconda esperienza Disney dopo Il drago invisibile (2016), resta incredibilmente fedele (almeno nella sua prima parte) al classico Le avventure di Peter Pan (1953) strutturando le sequenze ambientate nella casa londinese dei Darling come delle coreografie teatrali, non ignora musiche e colonne sonore familiari alle orecchie degli amanti dell'originale (al contrario del deludente, sotto il profilo musicale, live-action Mulan) e concede maggiore caratterizzazione al personaggio di Capitan Uncino, interpretato in modo alquanto equilibrato (non molto ironico e mai sopra le righe) da Jude Law, raccontando maggiori informazioni sul suo passato e sul rapporto con Peter Pan che personalmente non conoscevo. Peter Pan, che invece ha le sembianze dell'esordiente Alexander Molony, sembra quasi passare in secondo piano in quanto caratterizzato principalmente come un personaggio infantile, capriccioso e inevitabilmente immaturo (non solo per la sua peculiare volontà di non voler crescere) perde il confronto con la figura matura e materna, ma soprattutto meglio sviluppata, del personaggio di Wendy, nonché Ever Anderson, figlia del regista Paul W. S. Anderson e Milla Jovovich.
Al netto di qualche sequenza ridondante e rallentante dal punto di vista narrativo o poco coinvolgente, devo ammettere di aver passato gran parte della visione con un largo sorriso, poiché nonostante le atmosfere non siano ottimali la storia conserva intatta la stessa magia sognate del racconto di Barrie, ma soprattutto, quest'ultimo adattamento cinematografico, mi serviva per comprendere una volta di più che quel ragazzino capace di volare con la magia della fatina Trilly e i pensieri felici, altro non è che la pesonificazione dello spirito dell'infanzia e della spensieratezza che prima o poi inevitabilmente tutti dobbiamo lasciar andare via.
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