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Denti da Squalo: l'estate in cui sono diventato adulto
Quelli più bravi di me definirebbero Denti da Squalo un "Coming of age", che letteralmente vuol dire "diventare maggiorenni", ma che in ambito cinematografico o letterale assume il significato di racconto di formazione. Un genere peculiare in cui il racconto focalizza l'attenzione sullo sviluppo psicologico e morale del protagonista, spesso impegnato nella scoperta e nella conoscenza del proprio corpo, della propria sessualità o dei propri ideali, mettendo in discussione le certezza legate alla propria età: quindi valori e idee sull'amore, amicizia, famiglia e contesto sociale e culturale nel quale vive quotidianamente. Crescere vuol dire cambiare il modo di vedere e affrontare la realtà e in ogni coming of age che si rispetti tale cambiamento avviene in seguito ad una avventura che immancabilmente il protagonista affronta assieme ad amici (anche appena conosciuti), contro un'antagonista (spesso non una figura umana, a volte una sua personificazione), ma soprattutto durante una calda stagione estiva.
Le calde e noiose giornate estive, durante le vacanze scolastiche, sono infatti il punto di partenza di ogni grande avventura di formazione. L'evasione da contesti ambientali selvaggi, rurali e di periferia si trasforma nella spinta per salire in sella sulla bicicletta e pedalare verso l'inaspettato. Denti da Squalo racchiude un po' tutto questo ed è facile poter intuire quanto film come ad esempio Stand by me - Ricordo di un'estate, IT o E.T. l'extra-terrestre siano stati di forte impatto nel background culturale e formativo del regista Davide Gentile, qui al suo film d'esordio al fianco di Gabrielle Mainetti, il regista di Lo chiamavano Jeeg Robot e Freaks Out, nel ruolo di produttore.
Le premesse da classico coming of age anni '80 però vengono subito tradite, il film di Davide Gentile è malinconico fin dai titoli di testa (aspetto comune ai film di Gabriele Mainetti), ma soprattutto è un film italiano e piuttosto che ricordare Stand by me si avvicina molto più alla serie Mare Fuori per tematiche affrontate (una su tutte l'elaborazione del lutto, il dover lasciar andare i legami tossici con il passato e la consapevolezza che i cattivi esempi non sono da seguire poiché il delinquere non porta altro che una futile, illusoria e materiale ricchezza che diventa polvere quando si torna alla cenere) e coordinate anagrafiche dei protagonisti, infatti vige la palese assenza (credo voluta) nel cast di attori adulti, fatta eccezione della figura materna del protagonista, un'inedita Virginia Raffaele, meritevole di elogio nel ruolo drammatico, il fantasma del padre e il boss del quartiere, uno straordinario Edoardo Pesce.
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