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Povere Creature! - analisi e spiegazione del nuovo film di Yorgos Lanthimos, candidato a ben undici Premi Oscar
Ci sono un regista greco alla sua consacrazione professionale, due esperti attori nati e cresciuti a pochi chilometri di distanza nello Stato del Wisconsin e una bravissima attrice dai grandi occhi chiari che concorrono all'ambita statuetta d'oro degli Oscar, ognuno per la categoria in cui è candidato. Tranquilli, non sto per raccontarvi una barzelletta, almeno non lo farò subito, perché prima mi preme condividere con voi un ricordo, per creare qualcosa di molto simile ad un senso di intimità, complicità e bagnarmi il collo con due gocce di acqua di colonia, invece, per poter finalmente iniziare a fare sess... ehm... l'amor... mmh... volevo dire poter esprimere il mio parere su Povere Creature! (semicit.).
Per molti ancora poco conosciuto, un nome quasi impronunciabile (ovvero difficile da ricordare) e uno stile peculiare così tanto particolare da risultare bizzarro, spiazzante o addirittura disturbante per chi si approccia per la prima volta al suo cinema, Yorgos Lanthimos, a mio parere, con Povere Creature! raggiunge l'apice della sua filmografia, perché racchiude in 140 minuti il meglio di essa. Una filmografia ventennale caratterizzata da non molti film, apprezzatissimi in patria e nei maggiori festival cinematografici in cui hanno sempre fatto razzie di premi e riconoscimenti. Film di nicchia che sono diventati alla portata del grande pubblico non tanto con The Lobster, primo film scritto, diretto e prodotto fuori dai confini della Grecia o Il sacrificio del cervo sacro, ma con La Favorita per il quale si aggiudica nel 2019 ben cinque nominations ai Golden Globe e dieci agli Oscar, due cerimonie di premiazione che hanno poi visto Olivia Colman ritirare il premio di miglior attrice protagonista.
Ricordo quando uscì in Italia Il sacrificio del cervo sacro, non era in programmazione in tutte le sale di Bari e dintorni, così fui costretto ad aspettare, come spesso accade, la "promulgazione critico-mediatica" in seguito all'apprezzamento che un film riscuote durante una determinata manifestazione cinematografica. Dopo un mese dal Festival di Cannes, il film fu nuovamente proiettato spacciato per evento esclusivo e limitato. Mi ritrovai forzatamente a scegliere un giorno feriale e un assurdo orario pomeridiano per poter vedere un horror atipico e disturbante, del quale nutrivo una curiosità pazzesca. Per la prima volta sul grande schermo vidi quella faccia da schiaffi di Barry Keoghan, ma questa è un'altra storia, di fatto quel giorno Bari, come molte altre città italiane ad Agosto, era calda, vuota e apatica, nonostante la presenza del mare e le spiagge che calamitavano giustamente l'attenzione dei residenti, il centro urbano sonnecchiava in un'ambientazione estiva calma e surreale come quella di Dogtooth o di un futuro distopico come quella di The Lobster.
Il sacrificio del cervo sacro è stato per me un film spartiacque, perché per pura curiosità ho recuperato tutti i film precedenti di Lanthimos e per grandi aspettative ho visto in sala i due successivi. Ricordo in modo vivido le assurde sensazioni che il cinema del regista greco mi ha regalato e mi regala, ogni volta, trasportandomi ed accompagnandomi per mano nelle sue pellicole fatte di ambientazioni strane e storie ricercate e ben studiate. Mi sento, perciò, di affermare con onestà e tranquillità intellettiva che Povere Creature! sia davvero il punto più alto della sua filmografia, uno step che Yorgos Lanthimos raggiunge senza mai andare di sottrazione, anzi al contrario, con metodo empirico (giusto per citare una battuta del suo ultimo film) somma i migliori espedienti tecnici, gli aspetti più apprezzati e le tematiche già affrontate ed esaminate nei lavori precedenti e li combina adattando perfettamente il romanzo di Alastair Gray. Per questo motivo Povere Creature! mi sembra naturale conseguenza di La Favorita, film del quale condivide lo stile dei dialoghi, dei tempi ritmici, della comicità, dell'ambientazione e dei costumi di forte ispirazione vittoriana, Emma Stone protagonista e i movimenti di camera (il direttore della fotografia in entrambi i film è Robbie Ryan): dall'utilizzo della camera fissa su binario (soprattutto per le scene da interno) o piattaforme che permettono di girare l'inquadratura a 360 gradi (per le scene da esterno), all'utilizzo di piani sequenza e soprattutto l'effetto "occhio di pesce", nel film precedente con l'angolazione che va dall'alto verso il basso o in una posizione molto angolare all'interno delle stanze del castello della Regina Anna di Gran Bretagna, dal basso verso l'alto invece nel suo ultimo film, quasi per suggerire allo spettatore il punto di vista oggettivo che deve assumere in determinate circostanze, ovvero nel primo caso quasi come il punto di vista di un soggetto dipinto in un quadro esposto e nel secondo come una delle (povere) creature che vagano nell'abitazione del Dott. Godwin Baxter (Willem Dafoe), create dallo stesso, combinando organi e articolazioni di diversi animali.
Il montaggio di Povere Creature! si completa inoltre di un'incessante ed in alcuni tratti insopportabile e opprimente colonna sonora fatta principalmente di violini, come in Il sacrificio del cervo sacro, ma soprattutto della dicotomia tra le iniziali scene in bianco e nero che suggeriscono allo spettatore un determinato stato d'animo della protagonista, Bella Baxter, reclusa in casa, protetta dal mondo esterno nella cosiddetta "campana di vetro" da parte del suo creatore (anche egli nascosto e lontano da occhi indiscreti a causa del suo particolare aspetto estetico), e le scene a colori che rendono quasi onirico il viaggio che la stessa protagonista intraprende alla scoperta del mondo (esterno), in seguito ad un'assunzione di maggiore consapevolezza del sé, rivendicazione di indipendenza e appello al diritto universale del libero arbitrio, tra una Londra, Lisbona, Parigi e Alessandria (oltre al tratto a bordo di una crociera che sembra quasi disegnata da Miyazaki) praticamente irriconoscibili, poiché nonostante il non precisato periodo o contesto storico in cui è ambientata la storia, le suddette mete non hanno nessun minimo riferimento artistico-architettonico o culturale alla realtà, ovvero come noi le concepiamo.
Le inquadrature non omogenee potrebbero destabilizzare lo spettatore impreparato al cinema di Lanthimos, la prima metà del film è caratterizzata anche da inquadrature di stampo documentaristico, espediente che serve quasi per farci intuire che quello a cui si assiste sia ispirato ad una storia vera, d'altronde anche il romanzo dal quale è tratto il film gioca allo stesso modo, poiché seppur di recente stesura, lo scrittore scozzese Alastair Gray ha semplicemente curato e adattato al contesto contemporaneo un manoscritto autobiografico del Dottor Archibald McCandless, risalente ad inizio Novecento, una sorta di diario o cronaca della propria esperienza giovanile, della turbolenta amicizia con l'audace ed imprevedibile collega Godwin Baxter e dell'inquietante storia sulla medicina sperimentale scozzese che gli ignari lettori hanno scambiato per un romanzo grottesco, non potendo proprio crederci nella sua veridicità.
Affascinato da queste premesse ho provato a leggere il romanzo di Alastair Gray prima dell'uscita del film, bloccandomi miseramente al tredicesimo capitolo, ma soprattutto associando ai volti dei protagonisti le sembianze degli attori che li interpretano, avendo visto in precedenza il trailer ed aver letto qualche parere ed indiscrezione sul film vincitore del Leone d'oro alla mostra del cinema di Venezia. Esistono varie differenze dell'esperienza del Dottor McCandless, tra la versione cartacea, scritta in prima persona e la trama messa in scena, la quale è adattata in modo impeccabile, poiché adeguatamente convertita a favore della spettacolarizzazione. Poco importa se il personaggio interpretato da un truccato e deformato Willem Dafoe non è il compagno di banco, ma il professore al quale McCandless (Ramy Youssef) fa da assistente, purché ci mostri come il Dottor Godwin Baxter, proseguendo gli studi e gli esperimenti "medici" che suo padre attuava, provava e intraprendeva persino sulla sua pelle (per non dire organi), forte dei risultati ottenuti con la creazione di creature combinando animali diversi tra loro (come una sorta di Dottor Moreau di cui scrive Wells a fine '800 in L'isola del Dottor Moreau), un giorno trova un corpo di una donna suicida sulla riva del fiume Clyde e scoprendo che nel suo grembo è presente una piccola vita non ancora completamente formata, decide di creare una nuova vita appunto, trasferendo il cervello del feto (già formato) nel corpo della donna suicida. Il Dott. Baxter condivide con il Dott. Victor Frankenstein il gesto della creazione (scossa elettrica e scarica di fulmini annessi), ma non le intenzioni. Mary Shelley nel suo romanzo mette in discussione il ruolo del creatore, interrogandosi, attraverso un vero e proprio confronto tra creatore e creatura, su chi dei due sia davvero il mostro. Il Dottor Frankenstein è in cerca di un riscatto sociale ed è spinto nelle sue intenzioni di creazione da sentimenti di invidia e rivincita, il Dottor Baxter, invece, da uno spirito paterno, dalla frustrazione che lo affligge a causa del suo brutto aspetto e la disperazione che lo spinge a credere che non avrà mai la possibilità di poter fare la conoscenza di una bella donna. Come il mostro creato da Frankenstein anche Bella Baxter viene al mondo senza coscienza, ma soprattutto senza malizia, ma al contrario non si fa condizionare dalle cattiverie e ingiustizie che caratterizzano il mondo, non si abbandona o non si fa sopraffare dalla rabbia, piuttosto che passare dalla parte del torto (mostro) giustificandosi della propria incontrollabile struttura e forza fisica, grazie anche alla conoscenza che durante il viaggio per il mondo (accompagnata da un uomo - interpretato da Mark Ruffalo - che la considera solo uno strumento per la propria soddisfazione sessuale) instaura con due persone che personificano la razionalità e il cinismo, Bella decide di reagire e provare a far qualcosa di reale, utile e serio per poter cambiare un mondo irrimediabilmente troppo marcio e cattivo per tutte noi povere creature che lo abitano.
Bella Baxter è allo stesso tempo madre e figlia di se stessa, una profonda metafora, ma è anche Emma Stone, una profonda interpretazione. Povere Creature! è un film che difficilmente scorre via in modo spensierato agli occhi dello spettatore perché durante la sua visione, in modo forzato o meno, possono essere colte tra le righe diverse interpretazioni o significati, ma anche in questo caso le tematiche che emergono sono l'evoluzione di quelle già interpretate ed affrontate nella filmografia di Lanthimos, ad esempio in Dogtooth (titolo con il quale condivide anche la struttura narrativa e la modalità con la quale si rompe e si ricompone l'equilibrio o lo squilibrio narrativo nella scena finale), Alps o The Lobster, ovvero l'elaborazione del lutto, la vita dopo la morte (rinascita o reincarnazione sotto un'altra forma), ma soprattutto cerca di sfatare il tabù (nel cinema e non solo) dell'erotismo, ovvero del sesso in tutte le sue forme, derivazioni e posizioni. Ci riesce? Si, molto bene, con una comicità spiazzante, fatta di freddure e macabra ironia. Un film sporco e politicamente scorretto (finalmente) di cui in questo momento un po' tutti ne avevamo bisogno. Si ride in sala e si riderà anche in casa davanti al piccolo schermo, ho riso tanto e alla fine mi sono interrogato, ma non ho ancora capito perché ho riso su cose eticamente molto sbagliate.
Se Barbie, Oppenheimer e Saltburn per diversi motivi sono stati i film più chiacchierati del 2023, a mio parere Povere Creature! mette tutti d'accordo (o almeno potrebbe) perché racchiude e sviluppa al meglio gli stessi caratteristici e discussi aspetti dei tre titoli menzionati. Bella sa essere più femminista di Barbie, senza prendersela con il patriarcato, il montaggio, ovvero l'espediente dell'utilizzo delle scene in bianco e nero non è da meno di Oppenheimer e il tabù del sesso sul grande schermo viene sfatato con l'arma dell'ironia e non in modo disgustoso come in Saltburn. Certo, paragonare superficialmente questi titoli all'apparenza diversi tra loro, può sembrare stupido, ma per convincervi in vista della notte degli Oscar che Povere Creature! è il vero outsider al titolo di miglior film, vi ricordo che quest'ultimo ha dalla sua parte la barzelletta: "Toc Toc"... "Chi è?"... "Sono il formaggio, tagliere di conoscerti".
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