Bird: una fiaba urbana che vola basso, tra i margini della società e una magica speranza verso un futuro migliore
Bird appare in una giornata di vento per spazzare via i cattivi pensieri, con un sorriso sornione e un’attitudine talmente positiva da sembrare quasi sospetta di prima mattina. Si muove con passo agile e veloce tra l’erba alta e incolta, indossando un maglione piumato e una gonna dai colori abbinati, da cui spuntano due gambe così sottili da sembrare zampette. Un outfit tutt’altro che casuale, che diventa una vera e propria divisa per caratterizzare il personaggio perché Bird, pur avendo sembianze umane, è in realtà qualcosa di molto più grande: è il supereroe della periferia londinese.
Magari è lo stesso "Birdman" interpretato da Michael Keaton nell'omonimo film Premio Oscar diretto da Alejandro Gonzalez Inarritu nel 2014 oppure è il celebre vigilante notturno – interpretato, sempre da Keaton, nel Batman di Tim Burton – che qui veglia, appollaiato sui tetti delle case, sorvegliando e proteggendo il proprio “nido”. Un angelo custode invisibile che osserva la città dall’alto, come in Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders o forse è semplicemente una di quelle figure, solitamente di passaggio, destinate però a entrare nella vita di qualcuno per cambiarla, stravolgerla, migliorarla o salvarla da un destino apparentemente ineluttabile.
Bird arriva nel sud-est di Londra in cerca dei suoi genitori, ma sarà paradossalmente lui, con i suoi modi gentili e tratti quasi sovrannaturali, a risolvere questioni familiari altrui quando sul suo cammino incontra Bailey, una dodicenne disposta ad aiutarlo nella sua missione, nonostante abbia appena passato la notte fuori casa, fuggita dai problemi legati all’instabilità e alla precarietà della sua famiglia. A questo punto, il film di Andrea Arnold prende una direzione chiara e diventa un coming of age a sfondo fantasy, ricco di simbolismo, animali e citazioni, tutti elementi tipici della filmografia dell’autrice britannica, vincitrice dell’Oscar per il miglior cortometraggio nel 2005, da sempre interessata alla psicologia e alle esperienze umane, ovvero alle ragioni per cui le persone diventano ciò che sono.
La maggior parte dei personaggi principali è affiancata da un animale, che ne rispecchia la personalità. In fondo, ognuno assomiglia al proprio animale domestico: il serpente che ha fatto la muta, appartenente alla vicina di casa di Bailey – dal linguaggio tagliente – diventa simbolo di rinascita sociale; il cavallo, sul quale cavalcano nei campi di periferia i compagni di Bailey, è simbolo di libertà, tenacia e impulsività, lo stesso che la risveglia mentre riposa tra l’erba alta, poco prima dell’incontro con Bird, come un presagio. E poi c’è l’animale piumato, esplicito riferimento a Bird, simbolo di leggerezza e tranquillità, che ripete come un mantra la frase “non ti preoccupare” con il suo dolce cinguettio. Infine, i due uccelli contrapposti: il gabbiano e il corvo. Il primo rappresenta l’indipendenza, il desiderio di una vita familiare migliore e la fuga da un ambiente opprimente; il secondo incarna lo sconforto, la paura di non farcela, il senso di perdita di controllo. Ma il corvo, in alcune culture, è anche simbolo di metamorfosi: proprio quella che sta attraversando Bailey, nel suo passaggio verso l’età adulta, con tutte le esperienze (fisiche ed emotive) che questo comporta.
Bird è interpretato da Franz Rogowski, già apprezzato nel ruolo del nazista in Freaks Out di Gabriele Mainetti, ma la vera protagonista del film è la giovane Bailey, interpretata con grande intensità da Nykiya Adams, che vive con il tatuatissimo padre Bug (insetto in italiano) interpretato da Barry Keoghan e il fratellastro Hunter. Il film si regge sulle interpretazioni dei suoi protagonisti e su un’ambientazione talmente evocativa da rendere l’esperienza visivamente coinvolgente, grazie anche a una fotografia poetica e a una colonna sonora a dir poco straordinaria.
Tra case popolari occupate abusivamente, spacciatori, baby gang, violenze e abusi sui minori, il realismo sociale della periferia si fonde con l’irrealismo del fantasy e della magia, creando una narrazione che esplora temi come la crescita, la resilienza e la speranza. Tuttavia, a mio parere, gli elementi fantastici non sempre trovano il giusto equilibrio con i toni e il contesto realistico del film, e il rischio di una certa disconnessione narrativa è concreto. Una sensazione che ho avvertito personalmente all’uscita dalla sala, ascoltando i primi commenti a caldo degli spettatori.
VOTO: 3 STELLE!
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